Starkbucks (1) sbarca in Italia e fa parlare di sé: in pochi giorni sono stati pubblicati una messe di post e tweet sui social pro o contro le palme e i banani sponsorizzati dal colosso americano in piazza Duomo a Milano.
Da tempo, ciclicamente, si contano articoli pro o contro l’azienda del moccaccino, che ha ormai sedi in tutto il mondo e stranamente, ma neppure tanto, visto che l’Italia è la patria del buon caffè, non aveva neppure un buco di caffetteria in nessuna delle maggiori città.
Si rimedierà presto, per non essere tacciati di provincialismo o protezionismo, e anche noi gireremo per strada con il nostro bicchierone fumante pieno di schiuma di latte e altre diavolerie… Così agli oltre diciassette mila negozi in quarantanove paesi diversi si aggiungeranno le aperture italiane.
Tutto sommato credo che la concorrenza di Starbucks non cambierà molto, i cattivi bar continueranno a bruciare il caffè e a offrire paste precotte, surgelate e poi “finite” al forno, aromatizzate all’olio di palma, i buoni bar continueranno a offrire prodotti di qualità e in modo garbato, i brutti bar delle periferie e dei centri città continueranno ad esistere, con buona pace degli esteti e dei moralisti, perché sono dei centri di aggregazione, di spaccio, di imprescindibile pettegolezzo e a volte anche salutari valvole sociali.
Di Starbucks invece mi interessa molto il simbolo (2), un contrassegno davvero interessante dal punto di vista della storia e della cultura, che è stato progressivamente alienato, addomesticato e de-sessualizzato, sino a diventare un’icona sciapa della sirena bicaudata (3).
La sirena dalla doppia coda (4) è una antica, pagana e potentissima metafora del potere del sesso femminile e della fecondità; nell’antichità due gambe aperte ammiccavano al posto delle code squamate, a simboleggiare la potenza generatrice, prerogativa femminile. Con l’avvento del Cristianesimo progressivamente si iniziò a rendere più pudica questa Donna, rendendola una sirena particolare. La sirena si è incarnata, nel corso dei secoli, nella seduttiva medievale Melusina, di cui esistono affascinanti riproduzioni…
Nei primi anni ’70, come hanno dimostrato già tanti articoli al riguardo, il simbolo di Starbucks era meno domestico e più selvaggio, e la sirena trionfava con i suoi seni e la sua promessa, simboleggiata dal fatto che reggeva la doppia coda, aprendola vezzosamente. Nel corso dei decenni la sirena è diventata sempre più stilizzata e sbiadita, come dimostrano le tazze in sinossi.
E oggi? “Ecco il giudicio uman come spesso erra” direbbe lo scrittore rinascimentale Ludovico Ariosto. I fondatori dell’azienda si ispirarono smaccatamente al caffè Italian Style e scelsero come simbolo un’icona di seduzione, una sirena tentatrice, che ammaliava i marinai, come i loro caffè variopinti dovevano sedurre i consumatori.
Oggi che la sirena non ammalia più, quasi irriconoscibile, quei beveroni, nati ad imitazione dei nostri caffè e cappuccini, diventeranno, ci scommetto, un nuovo oggetto di desiderio dell’Italiano medio, sempre più intento a osservare le mode d’oltreoceano, per non pensare ai guai di casa.
Una versione della storia di Starbucks: http://www.businessinsider.com/howard-schultz-profile-2015-10?IR=T/