Una nuova fulgida stella della galassia di Cesare Battisti, chef tra i più rappresentativi della città meneghina (1), ha aperto da poche settimane ed è già un clamoroso successo. Si tratta di Silvano, sito nel quartiere di Nolo (a nord di piazzale Loreto) in piazza Morbegno 2, che ci riporta alle atmosfere della Milano di Jannacci, Gaber, del Derby cabaret e del grande fermento artistico di Brera. Lampade anni ‘70, porte del tram e vetrine in ferro battuto che si aprono sulla piazza è un lungo bancone di 14 metri con una dozzina di sgabelli (2) da cui assistere alla preparazione dei piatti oltre ad alcuni tavolini in un ambiente in cui domina il verde Milano (quello storico dei tram della città). Nel laboratorio interno sovrasta un enorme forno da panificazione, eredità della precedente attività, che serve come cucina, non essendoci i fuochi: tutto ciò che è cucinato proviene da qui, dove prossimamente si produrrà il pane, sia servito in sala che da asporto.
Anima del locale è Vladimiro Poma storico compagno di viaggio di Cesare Battisti al Ratanà. Cresciuto tra Milano e Imperia dove ha imparato i fondamentali della cucina nel ristorante di famiglia, si trasferisce nel 2010 nel capoluogo lombardo lavorando tra il Ratanà e un’altra celebre insegna sui Navigli, Erba Brusca. Segue poi l'esperienza in Perù: per sette anni, infatti, opera nel paese sudamericano, in quel periodo meta gourmand planetaria, prima a Lima, nel celebre Astrid y Gaston e poi come consulente nel resto del paese. Nel settembre 2020 ritorna al Ratanà per poi giungere a gestire Silvano. Non esitiamo a definire questa osteria come una delle novità dell’anno sulla piazza milanese. Un lungo elenco di piatti perfetti (3) anche per l’aperitivo, dato che l’orario di apertura è tra le 18 e le 24 dal mercoledì alla domenica più i pranzi del weekend, eccellenti nella loro apparente semplicità. Una giardiniera (4) fatta in casa con una salsa agrodolce di accompagnamento al pomodoro che ricorda il ketchup, una insalata russa sorprendente perché cotta al forno, una lingua in salsa verde con un pil pil della stessa lingua. Qui si vede che si tratta di una cucina per nulla banale dato che la salsa, in origine usata per il baccalà alla basca, con olio, aglio e peperoncino, viene qui declinata con la lingua creando un sapore davvero indimenticabile. Straordinario il paté di fegatini montato con olio anziché col burro accompagnato da una saba, salsa al mosto cotto e prugne. Gustosissimi una zuppetta (5) di scoglio, la bagna cauda in pinzimonio, pane e ragù, la parmigiana di melanzane e tanto altro. Menzione speciale per il toast (6) con prosciutto cotto e il formaggio branzi, servito con cetrioli bianchi e peperoncini verdi, come si usava nelle vecchie trattorie. Il capitolo vino è un altro punto di forza: le sommellier Federica Battisti e Caterina Poma hanno scelto produttori che lavorano in naturale, prediligendo etichette sia nazionali che francesi. Tutto molto ben riuscito al punto che non vediamo l’ora di ritornare. Consigliatissimo!