Food :: 4 ott 2015

Il vino bio, chi l'ha visto?

Molti alimenti vantano la dicitura BIO come elemento di diversificazione e attrazione: solo una lampadina per gli "allocchi" o una reale differenza migliorativa di qualità?

Secondo i nostri cugini francesi la legge europea non fornirebbe alcuna definizione di vino biologico e non ne autorizzerebbe neppure l’utilizzo della parola sulle etichette. Di più… sempre oltralpe c’è chi, come Morethanorganic, associazione specializzata nella produzione e commercializzazione di vino biologico, afferma che non vi sia alcuna esistenza giuridica normativa europea. Forse le cose non stanno proprio così…

Già dal 2013, infatti, IFOAM Eu Group con sede a Bruxelles ha pubblicato, tra l’altro, le norme UE per la produzione del vino biologico. E così vi sono vini, come noto, che riportano anche in etichetta il termine "biologico" con tanto di logo UE.

Seriamente però il marchio di cui sopra oltre a dare legittimazione al termine BIO vantato da un’etichetta, è in ogni caso inquadrato in precise normative giuridiche, ci piaccia o no, anche al fine di riconoscerne tale produzione come economicamente e socialmente “sana” (in passato, i vini potevano essere etichettati solo come ottenuti "da uve biologiche").

Questo nuovo quadro legislativo, istituito dal regolamento (Ce) n. 834/2007, è stato completato dal regolamento (Ce) n. 203/2012 e successive modifiche che stabilisce norme dettagliate sulla vinificazione biologica aprendo così la porta al vino bio a "targa UE".

Ma è tutto oro ciò che luccica? O una semplice trovata commerciale per abbindolare il consumatore?

A parere dei detrattori, infatti, si sostiene come un ridotto uso di solfiti o il disciplinare di base per la produzione, siano elementi certo utili e necessari, ma non sufficienti.

Così basta la richiesta di rispettare la biodiversità nella produzione di uva (1), l’attenzione alla fertilità del suolo e alla vita del suolo stesso?

Ovvero, gli approcci alternativi per il controllo dei parassiti e delle malattie, la sostenibilità della produzione di uva e la lavorazione e stoccaggio del vino, la qualità dei lieviti e la fermentazione spontanea?

O ancora, le limitazioni circa l'utilizzo degli additivi e l’ulteriore riduzione di impiego dei solfiti, le limitazioni alle tecniche di lavorazione ed infine i requisiti o le restrizioni sugli strumenti e le attrezzature?

Siamo certo "commossi" da tali e tante attenzioni del Legislatore Europeo, ma non possiamo esimerci dal notare – senza con ciò sposare nessuna delle due tesi - che se la vigna della collina prossima vicina usa i peggiori e più aggressivi anti crittogamici, difficilmente il nostro buon vino "biologico" sarà realmente tale, con buona pace della sua etichetta e delle norme europee e non. Meditate consumatori, meditate…

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