Eleonora Cozzella (1) è una firma autorevole del giornalismo enogastronomico, una di quelle professioniste che, in un contesto prettamente maschile, ha saputo farsi strada grazie alla sua professionalità e perseveranza (2 - 3). Volto noto anche della tv, per aver partecipato a numerose trasmissioni ed eventi, stimata dalle colleghe e dai colleghi, affronta le prove lavorative con il sorriso e con quella ferma determinazione che le hanno permesso anche di vincere premi, riconoscimenti e accumulare capitali esperienze. Quali? Ce le racconta lei stessa in questa intervista in esclusiva per FoodMoodMag.
Quando hai capito che il mondo del giornalismo sarebbe stato il centro della tua vita professionale?
Alle elementari con le mie amiche Simona e Sara avevo fondato un giornalino della scuola. Lo scrivevamo a mano, in più copie. Oggi sembra una follia. Ma sentivo che mi piaceva raccontare storie. Così alla fine del liceo ho iniziato a collaborare a un’emittente televisiva di Civitavecchia, dove vivevo, occupandomi di diversi settori, dallo sport agli spettacoli, e conducendo anche il tg. Naturale è venuto il percorso universitario alla Facoltà di Lettere e Filosofia. E quindi il master in giornalismo alla Luiss. Ho capito che il giornalismo sarebbe diventato il mio mestiere – soprattutto che avrei messo insieme il lavoro e la mia grande passione per l’enogastronomia, qualcosa che arriva da lontano e che gli studi avevano approfondito - quando sono entrata nella redazione di Kataweb dell’allora Gruppo Espresso. Mi è stata data la possibilità di occuparmi del sito Cucina che era in fase di restyling. Mi sono tuffata in questa esperienza con tutte le mie energie, convinta che parlare di cibo e vino non fosse un giornalismo di serie B, come molto spesso alcuni colleghi pensano. Ma un modo di scavare di storia e di cultura del nostro paese, di raccontare le tante identità italiane attraverso il cibo. Quando nel 2010 il Convegno di Identità Golose mi ha premiato come giornalista enogastronomico dell’anno è stata una soddisfazione (inattesa) e ho vissuto quel riconoscimento come il segno che avevo preso la strada giusta.
Ci parli in breve della tua attività in questo momento: criticità e punti di forza...
Oggi tutto il lavoro, o quasi, si fa da casa. Si è smesso di viaggiare come prima, di provare piatti e fare esperienze. Tutto a distanza e dentro un contesto di grande sofferenza, visto che il mondo dell’enogastronomia è tra quelli che più stanno soffrendo della pandemia. Così, c’è da trovare il giusto equilibrio nella scelta degli argomenti e nella scrittura che tratta di temi legati con una grande dimensione di piacere ma appunto in un contesto di crisi economica, di sofferenza personale di tanti operatori. Questo oggi è il grande sforzo nel parlare di enogastronomia: trovare l’equilibrio tra edonismo e riflessione.
Dall’altra la pandemia ha fatto emergere nuovi temi: dalla digitalizzazione delle aziende all’ecommerce e, soprattutto, alla sostenibilità. C’è una sensibilità tutta nuova sulla sostenibilità, in particolare tra le nuove generazioni. E il mondo della ristorazione se ne sta facendo carico, con tante iniziative e soprattutto con comportamenti nuovi. E questo è un filone nuovo di racconto che mi appassiona.
Nulla si ottiene per caso, in quanto donna... hai combattuto tanto per affermarti?
Il mondo dell’enogastronomia ha visto nella storia alcune donne affermarsi, ma fondamentalmente come curatrici di libri o riviste di ricette. La critica invece è stata ed ancora oggi un mondo maschile (ma se vogliamo anche l’alta cucina). Ai vertici ci sono uomini, come un po’ un tutto il giornalismo (direttori di giornali, direttori di guide ecc.). Quindi farsi strada non è stato facile. E in fondo continua ad esserlo, senza sconti. A noi donne direi che è chiesto ogni giorno di dimostrare la nostra competenza, la nostra professionalità. Ciò che per altri è dato per riconosciuto in assoluto. Ma credo sia anche per un fattore, per così dire, temporale. In tutti i campi le donne si sono affacciate relativamente da poco alle professioni e hanno difficoltà nel mondo universitario, come nelle grandi aziende pubbliche e private o in politica.
È indubbio che il Covid sia un "fardello" oltre che un freno per tutte/i, come lo stai affrontando tra famiglia e lavoro?
Negli ultimi quindici anni ho passato molto poco tempo a casa. Ho potuto fare esperienze straordinarie girando per città, ristoranti, realtà dell’enogastronomia in Italia e all’estero, grazie anche al mio ruolo di chairwoman della giuria italiana del “The World's 50 Best Restaurants”. Ritrovarsi quasi prigionieri in casa non è stato facile. Ma al tempo stesso è stata l’occasione di recuperare degli spazi di quotidianità familiare, il piacere della propria abitazione, così come della cucina di casa. E al tempo stesso, in questo frullatore che ha ribaltato tempi e abitudini, di fare tante esperienze nuove. Da momenti di conduzione di eventi online che mi hanno consentito di confrontarmi con mondi diversi a esperienze nuove come la conduzione di un programma radiofonico, “Italia a tavola, pari o dispari” su Radio Rai live, che indubbiamente mi hanno arricchito. Insomma, ho scoperto tante nuove opportunità di fare giornalismo.
La tua personale "meditazione" per quando stacchi dagli impegni quotidiani?
Detesto correre, ma amo camminare. Faccio lunghissime camminate con i miei pensieri (e la musica nelle cuffie). E poi cucinare: mi piace la gestualità degli ingredienti semplici, rassicuranti, che tengono le mani impegnate.
Kamala Harris, la nuova vicepresidente degli Stati Uniti, una svolta epocale? Cosa ne pensi?
Ci sono sempre più donne con ruoli di potere e di governo, nel Nord Europa in particolare. Ma l’elezione di Kamala Harris è un passo in avanti decisivo per il ruolo che gli Stati Uniti hanno nel mondo. Poi il suo successo dice molto altro visto che è contemporaneamente anche la prima indo-americana nella storia degli Stati Uniti d’America ad arrivare a un ruolo così importante. «Sono serviti 243 anni per rompere il soffitto di cristallo», ha scritto su Twitter la politica indiana Priyanka Chaturved. È il soffitto che aveva raccontato nel 1984 Gay Bryant, fondatrice ed ex-direttrice della rivista Working Woman. «Le donne – disse - hanno raggiunto un certo punto, che io chiamo il soffitto di cristallo. Sono nella parte superiore del management intermedio, si sono fermate e rimangono bloccate. Non c'è abbastanza spazio per tutte quelle donne ai vertici». Ecco che Kamala Harris lo abbia rotto credo sia una bellissima fonte di energia per tutte. Spero in un giorno in cui non dovrà più esserci la prima donna a raggiungere un traguardo, perché vorrà dire che sarà la normalità.
Un consiglio alle giovani donne che "lottano" per essere riconosciute nel proprio settore?
Dobbiamo essere preparate, lavorare continuamente sulle nostre competenze. Essere tenaci. Fare squadra quando possibile (4). E pur sapendo che c’è ancora tanta strada, credo che i risultati sempre di più nel futuro arriveranno.