Il primo ristorante (1) dove cibo, bicchieri, piatti, posate e tavoli, sono tutti stati realizzati con le stampanti 3D. Londra (2), non c’è che dire, è sempre avanti, sempre all’avanguardia. FoodInk, così si chiama il ristorante, stupisce anche e soprattutto perché tutto, qui, è all’insegna di questa tecnologia super innovativa, ormai nota, tanto in campo medico quanto in quello del design. Certo però non è usuale osservare e verificare le potenzialità del 3D applicate alla gastronomia. Lo chef Fabio Tacchella, consigliere della Federazione Italiana Cuochi, esperto di nuove tecnologie di cottura e lavorazione degli alimenti, non nasconde, nel commentare questa nuova tendenza, tutto il proprio entusiasmo. La novità – ha detto - attrae sempre, tuttavia bisognerà attendere la risposta del pubblico, anche a lungo termine. Ma come la nouvelle cuisine e la cucina molecolare, anche questa tecnica “alle stampanti”, invece che ai fornelli, può dare spunti positivi e interessanti al settore della ristorazione.
Le possibilità di sviluppo del format 3D sono pertanto infinite, anche se è importante non stravolgere tradizioni ben radicate come quella italiana. Tacchella cita l’esempio dell’Amatriciana che potrebbe venire realizzata con prodotti differenti - perché più adatti alle stampanti - rispetto a quelli tradizionali. Ecco allora che bisogna sempre badare al fatto che queste innovazioni non si scontrino con le tradizioni. Esiste però l’altra faccia della medaglia: i cuochi più coraggiosi e all’avanguardia potranno attingere a un nuovo bacino di possibilità, usufruendo di queste tecnologie. Eccolo allora il futuro che fa pasi da gigante, anzi in 3D: piatti migliorati, tanto nell’estetica quanto nel gusto. È così che procede la storia dell’umanità – e della cucina – con l’entusiasmo che ben presto prende il posto dell’entusiasmo.
È capitato anche alla nouvelle cuisine: prima poco considerata, quindi apprezzata e osannata in tutto il mondo. Accadrà anche con questo nuovo format, possiamo scommetterci.