Colline ondulate, una natura rigogliosa, morbida e sopratutto poco o per nulla depauperata in modo disordinato come spesso, purtroppo, succede. Siamo in Toscana, a Palazzone, nel comune di San Casciano dei Bagni, in provincia di Siena, al confine tra Umbria e Lazio. Qui, tra borghi affascinanti e curati come pochi e un paesaggio “intimo” dove l’intensità del verde, in tutte le sue declinazioni, a tratti abbaglia, si distingue Podernuovo a Palazzone, realtà vitivinicola che già si racconta nel nome: “nuovo”, infatti, alias giovane a cui non mancano ambizioni e obiettivi di livello. L’azienda agricola creata da Paolo Bulgari e dal figlio Giovanni (1), viene infatti acquistata nel 2004. All’epoca vigeva uno stato generale d’abbandono come ben ci racconta Giovanni, con più di 10 ettari di vigneti ormai all’ultimo respiro. Ed ecco la passione mista a determinazione di Giovanni mente inspiratrice del progetto di Bacco che, forte di una comprovata vocazione agricola, individua proprio in questo territorio e nella sua diversità il punto di forza. Ne segue la sfida, per nulla banale, che si traduce in anni di investimenti, bonifiche, permessi per ridare nuova vita (e vite) a questo lembo di terra quasi dimenticato. Nel 2012 nasce la Cantina, pulita, razionale. Cemento, vetro, acciaio e legno, i materiali che la identificano. Bellissima. Una gemma di architettura contemporanea (2) che si integra perfettamente con il paesaggio che la ospita. Di più, lo accarezza. Disegnata da Massimo Alvisi della Alvisi Kirimoto & Partners di Roma, è un tempio incastonato nelle colline, quasi nascosto dove il vino riposa e il suo vigneron vive. Eccellenza estetica con margini importanti di sostenibilità: la cantina sfrutta l’energia geotermica e si avvale di un sistema di pannelli fotovoltaici, confermando la missione “di rispetto” oltre che innovativa di Giovanni Bulgari.
Abbiamo potuto assaporare i nettari della maison in occasione di un wine pairing con le suggestioni al palato dello chef stellato Francesco Annunziato del ristorante Castello di Fighine, sotto la direzione di Heinz Beck.
Ode al Rosato con Aliki 2022, in omaggio alla mamma di Giovanni. IGT Toscana prodotto da uve Malbec 50% e Merlot 50% ha nell’eleganza il suo tratto distintivo. Bella acidità, nonché ampia freschezza lo rendono un vino “immediato”, gradevole, da bere senza se e senza ma, a bordo piscina o, come in questo caso, in abbinamento a gustosi canapè d’entrata (3). Leggero ma con personalità, rivela un sorso garbatamente fruttato.
NicoLeo 2021 è il “fratello” in bianco. Da uve Chardonnay 50% e Grechetto 50% ha una trama un pò più complessa e gastronomica del precedente. Accattivante al naso, con note precise di mela verde, agrumi e delicate sensazioni floreali, in bocca è un susseguirsi di sentori freschi, piacevolissimi con raffinata mineralità.
Therra 2021: IGT Toscana Rosso da uve Sangiovese 50%, Merlot 25%, Cabernet Sauvignon 25%, lode alla generosa terra di Toscana, si è svolto magnificamente in un abbraccio con la superlativa portata di Coniglio e bacche di sambuco. Il gusto di Therra è rotondo e raffinato. Convince al primo sorso. Il tannino è degnamente collocato. In bocca è godibile e di buona persistenza.
Argirio 2018 (nome di fantasia che rimanda all’argilla): IGT Toscana Rosso da uve 100% Cabernet Franc. Nettare ricco, deciso al palato, non dimentico però di un certa finezza riscontrabile nel tannino per altro ben risolto. Di questo vino abbiamo degustato altresì l’annata 2020. Molto interessante e di grandissima prospettiva.
L’altro Monovitigno è Sotirio 2018: IGT Toscana Rosso da uve 100% Sangiovese (4). Bene con il prelibato servito di Piccione e scorzonera (5). La delicatezza e la potenza di questo vino e l’assaggio suadente, nonché la lunghezza gustativa di tutto rispetto con note balsamiche e speziate, ne fanno già un must.
Infine la chicca, il G33 2020: IGT Toscana Rosso da uve Sangiovese, Merlot e Petit Verdot in parti uguali. Cru aziendale (6) di poche bottiglie numerate. Una sorta di divertissement che punta, però molto in alto. E ci riesce. Un bel vino di carattere, dall’avvio fresco con un’ottima percezione agrumata che si sviluppa in una trama avvolgente, virtuosa, sorretta da un tannino finemente magistrale al palato. Lungo che non finisce mai.
Un cenno meritano le etichette delle varie referenze: splendide, nel breve tratto che suggerisce con garbo lo stile della cantina. Non poteva essere altrimenti, vista la firma della designer e architetta giapponese, Junko Kirimoto. Il tocco non mente. E la classe di Giovanni Bulgari lo conferma.
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