Grandi firme nella seconda giornata di Identità Milano. Ha aperto le relazioni Carlo Cracco (1) assieme al suo fido executive chef Luca Sacchi, con lui da molti anni e colonna portante di Cracco in Galleria (2). È stato presentato un piatto ancora inedito, che entrerà in carta nelle prossime settimane, il Coniglio in Royale Bianca. Dice Sacchi - "è un’idea che abbiamo in testa da diversi mesi, che richiede molta applicazione di tecniche tradizionali, portate ai giorni nostri”. Il coniglio “viene spesso sovrastato da altri ingredienti. Abbiamo cercato di mantenere la natura di questa carne. Un tempo si cuoceva intero alla brace, col rischio di asciugare molto la carne, non per niente si bagnava col latte cagliato. Il nostro è ripieno ed è stato aggiunto nella farcia il mascarpone per ovviare a questo inconveniente. Il colore bianco domina nella preparazione con un fondo bianco di coniglio, latte di mandorla, porto bianco, pinoli e lardo cotto. Per semplificare la preparazione che è classica nella lepre, il sangue per la salsa viene sostituito dal fegato dell’animale stesso. Dopo innumerevoli tentativi di cui Cracco non era mai soddisfatto del risultato, è stato trovato il quid che mancava: l’olio di lentisco. Un ingrediente profumato di pigna, di bosco, favorendo, finalmente, il salto qualitativo che ne fa un grandissimo piatto”. Non vediamo l’ora di assaggiare questa che sarà certamente un’autentica delizia, appena sarà presente nel nuovo menù (3).
Il grandissimo Massimo Bottura (4) con la sua inarrestabile verve ha dominato il talk successivo che lo ha visto protagonista con Giorgio Locatelli e i produttori di Chef’s Table, la celebre serie di Netflix dedicata alla cucina. Intervistato sui traguardi che lo hanno portato in cima al mondo del cibo e non solo, basta pensare al progetto dei Refettori per aiutare gli indigenti che si sta espandendo in tutti i continenti, ci ha confessato che - “Le tre stelle Michelin erano il sogno della mia vita. L’Osteria Francescana dopo un difficile inizio, dovuto alla tradizione culinaria emiliana che incombeva con la sua straordinaria cucina territoriale, si è fatta conoscere a livello globale, con lunghe attese per accaparrarsi i pochi posti disponibili, una soddisfazione anche a livello economico”. L’ingresso e la vittoria nei 50 best, ha coronato il successo portando l’Italia in cima al mondo.
Un paese che da poco si è affacciata tra le mete gastronomiche internazionali è la Colombia, rappresentata da Leonor Espinosa con il suo incessante lavoro alla ricerca delle 400 comunità indigene, di una nazione che è seconda per biodiversità a livello mondiale dopo il Brasile. “Gli autoctoni conoscono la medicina ancestrale, sanno come proteggere le piante e usarle per fini alimentari o per il benessere. Sono insegnamenti che non possono andare perduti”. Quattro progetti nati sotto il nome FunLeo. I Laboratorios Gastronomicos sulla sostenibilità agricola, che coinvolge donne e bambini per migliorare i processi alimentari delle comunità rurali. Zotea è invece dedicato al versante Pacifico sul pesce e sulla produzione di olio di cocco e vede protagoniste le comunità di origine Africana. Sucre è composto di ben 4 ecosistemi tra Cartagena e i Monti di Maria, recuperando piatti della tradizione basata sugli animali della selva. L’ultimo è Todos somos Amazonas: esplora a fondo le incredibili possibilità che offre la foresta pluviale, non solo negli alimenti, ma anche nelle bevande. Un progetto che sta cambiando radicalmente la Colombia, finalmente libera da decenni di guerra civile.
Straordinaria come sempre la lezione di Antonia Klugmann (5) che ha presentato un incredibile riso mantecato alla crema di riso, con cavolfiore e ginepro, senza burro e parmigiano. Per le sue peculiari caratteristiche, si mantiene anche a freddo evitando la separazione delle materie grasse, cruccio di chi prepara il risotto tradizionale. Una tecnica che lo fa definire “risotto“ tra virgolette proprio per come si discosta da quello che tutti noi conosciamo. Una continua sottrazione di ingredienti caratterizza la cucina della Chef Friulana che trova ispirazione nel grande chef Fulvio Pierangelini, nel fotografo Luigi Ghirri e nel designer Bruno Munari. Tutti e tre fautori del less is more. Il celeberrimo chef che fece del Gambero Rosso una delle mete internazionali del mangiar bene, lavorava sulla semplificazione, ottenendo tantissimo da poco. In Ghirri, Antonia ha trovato la pulizia del pensiero che affermava la centralità dello sguardo e della visione a discapito della macchina fotografica che definiva solo un giocattolo nelle mani dell’artista. Essenzialità che si "legge" nel design di Bruno Munari, capace ancor oggi di sorprendere con le sue invenzioni. Una lezione magnifica.