Food :: 14 mar 2023

Firenze, La Leggenda dei frati, nuovo look e gola esemplare

La Leggenda dei frati si veste di nuovo, o meglio, dopo un lungo lavoro di restyling durato alcuni anni, finalmente torna a ospitare i propri avventori in una location, Villa Bardini che, già non banale per la posizione straordinaria che domina Firenze, diventa ancor più fascinosa grazie a diversi tocchi per un interior di sobria eleganza, tra arredi su misura e scelte cromatiche originali.

Naturalmente il palato è una certezza (1): ne abbiamo già parlato il 22 novembre QUI, ma anche ora, seppur la notizia principe sia il refresch del locale, non è mancata l’occasione per ritrovare, una volta di più, l’approccio gastronomico dello chef e patron Filippo Saporito (2).

Il décor, pochi elementi di stile per un upgrade certo

Le pareti innanzitutto che abbracciano i diversi ambienti vantano l’opzione cromatica della Farrow & Ball Pitture, brand inglese, dove la scelta del rosa/lilla cangiante a seconda della luce del giorno, è sorprendente da un lato e molto riposante dall’altro. Ma il tocco di classe sono i magnifici corpi illuminanti che dominano dall’alto come grandi boccioli. Pensati e progettati dai creativi Ilaria Legato e Cosimo Bonciani e realizzati in un leggero e fresco tessuto jersey di un verde pacato che comunica benessere e rinascita, si ispirano agli anni venti. Bellissimi, senza alcun dubbio. Così anche le tende, soffici e luminose, velano con delicatezza, senza togliere luce alla stanza. “Mi piace immaginare l’arrivo improvviso di Stefano Bardini (1836 - 1922) e scoprire il suo orgoglio e la sua soddisfazione nell’ammirare il decoro che abbiamo progettato” - ha raccontato, con una punta di nostalgia, Saporito, come sempre abile nel coinvolgere e trascinare i propri ospiti nelle sue argomentazioni.

Il menù, un mélange di gusto, tecnica, estetica del piatto e materie prime ineccepibili

E’ indubbio: la passione, l’amore per gli ingredienti di qualità tipicamente italiani, meglio se del territorio, sono una costante nelle proposte dello chef. E lo si evince subito, già dall’entrée, con il Tataki (3) di barbabietola accompagnato da salsa vegana, leggero, guarnito in parte con le erbe di “Simone” di Colle Val d’elsa e in parte con altre direttamente dall’orto del ristorante. Un inizio gradevolissimo, dai sapori conosciuti, rivisti secondo una creatività priva di sbavature che “prepara” e invita al servito successivo. La Carota (4), ebbene sì. Semplice a dirsi, tecnicamente molto laboriosa così come ripensata dallo chef. “Un piatto da esperti del settore”, ci sottolinea. Il tubero è fermentato per una decina di giorni, cotto in cartoccio e poi alla brace, accompagnato da salsa bernese e da un gin tonic sempre a base di carota. Passione dicevamo, ma anche rispetto per una cottura capace di esaltare la carne, mantenendone, sapore e profumo originali, corretta umidità e consistenza ottimale. In sintesi, i magnifici Ravioli di lepre (5), con cacao e tartufo. Una sorta di giardino d’inverno, dai colori della terra, di una bontà esaltante. Difficile non desiderarne il bis. Infine, il Piccione (6): si sa, l’alta cucina lo pone spesso e volentieri in una posizione di privilegio. Un pò troppo forse. Vero è che la suggestione di Saporito si è già presentata “fuori dagli schemi”, alleggerendo la noia di una sequenza scontata. Frazionando gli elementi di un grande classico, ricomposti poi su matrici tanto inattese quanto esemplari. Territorio e tecnologia, insieme per esplorare nuove dimensioni gastronomiche.

 

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