Un anno di convivialità e amicizia, di… mezze porzioni e sentimenti forti. Un anno passato a riassaporare il clima della vecchia e amata Milano. Tutto questo – e molto di più - è Dinette (1), Cucina di Ringhiera, la trattoria moderna che a settembre 2015 aveva aperto i battenti in via Bronzetti, nei pressi di Corso XXII Marzo, grazie all’intraprendenza di Luigi Beretta già uno dei proprietari dell’Elettrauto in via Cadore, e di Filippo Leva, socio del Tango, storico bar sui Navigli.
La novità, che a un anno di distanza conserva intatto il proprio smalto, sta nel menù fatto di “mezze del ballatoio” espressione che richiama alla memoria gli assaggi delle cucine dei vicini. Le mezze del ballatoio, disponibili a cena (2), spaziano dai pici all’aglione alle polpette in umido, dalle sarde gratinate con pecorino, mandorle e uvetta alla tartare di Fassona.
È la maniera genuina per provare più piatti senza dover convincere (o obbligare) gli amici a dividerli, evitando inutili sprechi di cibo.
Dinette è in grado insomma di far rivivere il clima di festa di una volta, quando la condivisione del cibo era un’usanza comune e le trattorie erano sempre aperte, dalla colazione alla cena.
Tuttavia la cucina, casereccia e tradizionale, sa offrire anche piatti a… dimensioni “regolari” e provenienti da diversi luoghi d’Italia. Il menù cambia a seconda degli ingredienti di stagione, si può ordinare alla carta nella sezione “Intenditori” e “le Ricette della Festa”, scegliendo piatti (3) come i pici con acciughe, pomodorini e olive taggiasche o il polpo croccante con crema di ceci e cime di rapa.
Lo spazio è raccolto ed mostra un accattivante tocco vintage negli arredi, con tavoli e sedie disposti in fila davanti a un grande bancone. A riscaldare l’ambiente, alcuni semplici dettagli, come il camino al centro della sala, la pubblicità d’epoca “Caffè bottiglieria” e le abat-jour retrò che alla sera illuminano con luce calda e diffusa gli angoli del locale. Niente di meglio per un tuffo nel passato, nel gusto, nella semplicità di un’epoca che sembrava perduta e invece la si può, in fondo, riassaporare.