Food :: 22 set 2017

Bologna - Anche un pezzo di Sardegna da FICO, il più grande parco dell’agroalimentare del mondo

Fico è l’acronimo di Fabbrica Italiana Contadina (1). In tempi di delocalizzazione delle fabbriche italiane appunto, e di dismissione di gran parte del nostro manifatturiero, la notizia della prossima apertura di un vero e proprio parco sulla biodiversità, di 100.000 mq (2), il più grande al mondo, forse anche l’unico con quel concept, non può che essere una buona notizia. Comunque la pensiate su Oscar Farinetti.

L’ingresso è libero, poi c’è lo stile Eataly amplificato all’ennesima potenza, con più di 100 botteghe artigiane, 6 esperienze multimediali, incentrate sulla didattica esperienziale dei temi inerenti il cibo, 4000 mq di centro congressi, dove si svolgeranno workshop, live cooking e altri eventi food; infine sono previsti 40 luoghi di ristoro, tra bar, bistrot, ristoranti stellati, chioschi di street food e altro ancora.

Inaugurazione il 15 novembre 2017, tra poco più di un mese e mezzo. Dalla Stazione centrale di Bologna basterà prendere la linea 35: si arriverà in mezz’ora nell’area AAB (Centro Agroalimentare di Bologna) e Fico è situato in via Paolo Canali n. 8.

Tra i chioschi di prossima apertura, il 15 novembre appunto, ce ne è uno che mi sta a cuore, perché gestito da due sardi amici, lo chef Piero Careddu (3) e la sommelier e enogastronoma Fabrizia Fiori (4). Si chiama Zibu, che in sassarese vuol dire semplicemente “cibo”. I sardi hanno un rapporto speciale con il cibo, molto forte e diretto, che non lascia indifferenti ospiti e turisti anzi li affascina. La sfida è grande: si tratta di portare l’ospitalità sarda, i suoi straordinari profumi, i suoi inconfondibili sapori, oltremare, e trapiantarli in una creatura enorme e complessa come Fico, e per di più in terra bolognese.

È a questa tradizione che Zibu si ispira ed è ad essa che attinge per i suoi piatti, tra una seada, un trancio di tonno di Carloforte, un piatto di cùlurgiones, una fantasia di formaggi ovini e caprini o di salumi di pecora o capra. In tipico stile sardo. Qui lo street food si chiama “trail food”, il cibo di sentiero. I sentieri di contadini e pastori, di una sapienza antica fatta di povertà, bisogno e intelligenza pratica. Il trail food insomma per evocare l’immenso giacimento di sapori e suggestioni gustative contenute nella tradizione pastorale, contadina e marinara dell’Isola dei Nuraghi.

Tra le anticipazioni che sono riuscita ad avere qualche indicazione sulle pietanze che saranno disponibili al chiosco, 35 mq con 40 spettacolari posti a sedere all’esterno, come dei panini gourmet, con ingredienti sardi di altissima qualità, e poi piatti freddi, primi piatti e dolci, con un forte richiamo alla tradizione ma anche qualche interessante contaminazione, ad esempio, mi racconta Fabrizia Fiori, con alcuni produttori ospiti del parco.

Lo chef Piero Careddu, colto e appassionato, darà certamente un’impronta interessante e fuori dai luoghi comuni allo spazio sardo che gestirà con Fabrizia, una piccola Sardegna dove essere ambasciatori del buon gusto e delle produzioni enogastronomiche di punta dell’isola.

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