Di strada ne ha fatta nel lavoro. Lei è Bianca Braghenti (1) nome del settore food che, dagli anni '70 in poi, ha "spianato" con i fatti e con lo stile, il mondo dei buyer “ricco, cinico e per certi versi spietato” e sopratutto molto maschile. Sino ad ora, consulente per l'industria e la distribuzione e modello di libertà di pensiero e d'espressione, nella vita come nel business. Consapevole, purtroppo, che il talento femminile - nel suo ramo - fatica ancora a distinguersi, difende il suo coté risoluto ma mai scevro di garbo. Perché solo l'essere donna conscia di ciò che vale e forte di quell'eleganza che le è innata, può creare ponti e mietere successi (2 - 3). Recente la pubblicazione di un libro che, a tratti, racconta gli anni delle sue battaglie professionali, "Bye bye buyer" (4), un viaggio nel tempo dove emerge la lenta, faticosa conquista da parte delle donne. Ieri come oggi.
Memoria e pilastro al femminile della DM in Italia, raccontaci in breve come era lavorare nella distribuzione agli inizi?
Bisogna fare qualche passo indietro... Dunque, sono entrata nel modo dei supermercati con il marchio Despar nel 1971 dove fui assunta per la mia conoscenza della lingua tedesca e per il mio segno zodiacale di terra (fatti non parole). Il mio ruolo era nella direzione acquisti e da subito lo scenario mi apparve evidente: il capo chiedeva di portargli il caffè come usava con sua moglie, il pacchetto delle Marlboro rosse etc. Ancora... dovevi sopportare frasi "poco eleganti" tipo "peccato che sia donna". Ovviamente io andavo oltre e lavoravo sodo. Il lavoro è come il bicarbonato, ti libera dal bruciore di stomaco e dal timore reverenziale. Ma c'era anche il bel rovescio della medaglia - per fortuna - con personaggi esemplari come l'allora direttore acquisti della prima supercentrale della D.O. dove si respirava aria di futuro e nessuna controindicazione al sesso femminile. Penso a imprenditori illuminati tra cui il Cavalier Giovanni Pomarico (gruppo Megamark di trani). Insieme facemmo faville al lavoro. Eravamo un treno in corsa tanto che negli anni acquisii una esperienza fantastica che mi aprì molte strade.
Un mondo certamente molto maschile, come riuscivi a far sentire la tua voce?
La voce la facevo sentire attivando il mio lato creativo ed ospitale. Insomma, tutti quegli atout tipicamente femminili, così spesso lontani dai signori uomini. Caratteristiche che ci rendono particolarmente empatiche, capaci di favorire una negoziazione "meno dura", più sobria, certamente velata dal buon gusto. Agli incontri a cui presenziavo dove per lo più c'erano i top manager dell'industria italiana, non dimenticavo mai l'eleganza, il savoir faire, la moderazione anche nel corso di una trattativa difficile e "a prova di nervi". Badate bene... tutto ciò non significa debolezza, tutt'altro. La forza per la difesa delle proprie idee era sempre ben presente, il modo, però, cambiava, creando quell'effetto ancoraggio per la buona riuscita del meeting. Un effetto che solo l'universo rosa sa "vestire" in tutti i sensi. Detto questo restava un mondo profondamente "maschilista" dove la leva principale per farsi strada in qualità di donne erano i fatti, alias la conquista di contratti e contributi di marketing con l'industria di marca.
C'è stato un uomo (o una donna) che ti ha ispirato come maestro del settore?
Sicuramente il direttore acquisti Despar: un vero modello. Ricordo la regola delle tre V. Mi diceva sempre: sii veloce, verticale e verace e sopratutto genera idee che diventino progetti.
Saltando all'oggi... quanto il settore della DM si apre all'intelligenza femminile dando spazio sopratutto a ruoli dirigenziali?
Purtroppo non vedo sostanziali cambiamenti. In fondo la mia stagione di buyer e di poche altre colleghe, nonostante la costante lotta per emergere, è stata irripetibile, il che mi dispiace e non poco. Oggi, il settore del food dell'industria e della distribuzione, a parte qualche rara eccezione, mi pare, sia sempre molto "maschio". Sta a noi alzare l'asticella dell'autostima per poter prenderci quei ruoli che ci spettano. E comunque, il talento non ha sesso ed è come un muscolo, va allenato sempre. E' fondamentale non scordarselo.
Come vede il "consumatore ripensato" nella fase post pandemica?
Vedo un consumatore "colto", consapevole e desideroso di essere coinvolto a 360°. Una bella sfida per l'Industria di marca che oltre alla trasparenza deve sapere "generare" emozioni e perseguire, di più e meglio, la strada della sostenibilità. Quest'ultimo valore è caro, in particolare, alle nuove generazioni. Ed è comprensibile: questa è la terra che lasciamo.
Chi è la Braghenti nel 2021?
Da qualche anno ormai mi occupo preferibilmente di consulenza nell'industria, nella distribuzione con un occhio di riguardo alla comunicazione. Che dire, sono ancora più "morbida" e provo grande gioia nel regalare il mio "sapere" acquisito in quasi mezzo secolo.
Un passo al passato, un flash sul presente e sempre pronta al futuro!
La prossima vita, uomo o donna?
Decisamente donna. E lo ribadisco pur avendo un percorso lavorativo che si forma su un modello maschile.