Quanto ci manca andar per mostre e musei! Una sensazione che nessuna visita virtuale potrà mai sostituire. Ma ecco che tra poco, se tutto andrà bene, torneremo a riassaporare questa gioia, seppur distanziati, ma in tutta sicurezza. Per chi sarà a Milano, una delle mostre da non perdere sarà quella di Federica Galli (1), nelle sale di Palazzo Morando. 100 opere, accompagnate da lettere, fotografie e documenti che ricostruiscono il percorso vita e di arte della più significativa esponente dell’arte incisoria italiana (2). Nata nel 1932 a Soresina, nella campagna cremonese, dove imparò ad amare le casine e gli alberi, oggetti successivamente di molte delle sue acqueforti, fece il grande salto a Milano, prima frequentando il liceo artistico e poi l’Accademia di Brera. Si "ribellò", infatti, alla sua condizione borghese che la voleva sposa e madre, per intraprendere una brillante carriera artistica nel poco usuale ma molto sfidante mondo dell’incisione, come sottolineato nel saggio "Federica Galli Mater" della critica e docente di arte Cristina Muccioli, tra i curatori della mostra: “ ... severa l’arte dell’incisione... il suo supporto è la matrice, lastra metallica che deriva il suo nome da mater. La lastra è generativa, mette al mondo più e più figli...nati a prezzo di studio ininterrotto, governato con forza, determinazione, rigore...“. Anni difficili, quelli della sua formazione, perché vissuti nel secondo dopoguerra, in una Milano ferita, bombardata ma con una grande voglia di riscatto. Nel 1956, a 24 anni parte da sola per andare a vedere in Olanda dal vero, uno dei maestri dell’incisione di ogni epoca, Rembrandt, suo mito negli anni della scuola, traendone la lezione relativa al paesaggio, nel ritratto della natura che il maestro fiammingo seppe esaltare nelle sue opere grafiche. Ecco che iniziano quei capolavori, relative alle cascine, agli alberi, ma anche nelle vedute di una Milano vista come una “città che sale” (3 - 4 - 5), prendendo a prestito il titolo del celebre capolavoro di Boccioni. Una delle sue più importanti serie è quella delle vedute di Venezia, fortemente voluta dai collaboratori di quel genio “rinascimentale” che fu Adriano Olivetti, e che le permise di essere la prima artista vivente ad esporre alla Fondazione Cini nel 1987. Opere straordinarie che richiesero 5 anni di lavoro per poter essere realizzate. A coronamento di una eccezionale carriera che la fece apprezzare in tutto il mondo, l’idea di realizzare una fondazione che porta il suo nome, affidata a Lorenza Salamon, la celebre gallerista anima di questa mostra, che ci ha permesso di visitarla in anteprima. Nel suo saggio, dal titolo, "Incisione maestra delle arti", all’interno del bellissimo catalogo, Salamon scrive: "Nell’opera di Federica Galli è frequente l’immagine del cantiere... una similitudine con il lavoro intrinseco dell’incisore che è fatto di pazienza e lavoro... ". Un ultimo cenno alla lungimiranza dell’artista che fece la bellissima serie degli Alberi monumentali d’Italia, ben prima che questi fossero censiti e che rimane uno dei tanti capolavori di questa “Inciditrice” come la chiamò Giovanni Testori che, con Dino Buzzati, fu tra i primi a riconoscere il suo enorme talento. Una esibizione che ci sentiamo di consigliarvi spassionatamente per festeggiare degnamente il progressivo ritorno alla normalità dopo la pandemia.
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