Appassisonati d'arte contemporanea o semplici curiosi, il periodo è propizio pee fare un giro nella bella Bologna e ammirare le tante opere dell’artista e
attivista cinese Ai Weiwei. Fino al 4 maggio, infatti, è possibile godere del suo indiscutibile talento a Palazzo Fava in un ricco percorso espositivo tra grandi installazioni, sculture, video e fotografie. Come indica il titolo, ispirato da una conversazione dell’artista con l’intelligenza artificiale, la mostra presenta l’artista e il suo universo creativo, in una tensione continua tra tradizione e sperimentazione, conservazione e distruzione. Oltre cinquanta opere
invadono interamente lo storico palazzo bolognese, a partire dallo scalone fino alle sale monumentali, sotto gli affreschi dipinti sul finire del Cinquecento dai Carracci e dalla loro scuola, per poi terminare al secondo piano. Un'occasione imperdibile per esplorare il lavoro di uno degli artisti più influenti del nostro tempo. Le opere esposte, sempre in bilico tra Cina e Occidente e tra passato e presente, toccano istanze urgenti come la libertà di espressione e di informazione, i diritti umani e civili, le migrazioni, le crisi geopolitiche, i cambiamenti climatici, invitandoci a riflettere su temi universali come la libertà, la giustizia, la memoria e la resilienza. A miti greci e romani dipinti nei celebri cicli carracceschi si contrappongono le favole e le leggende della cultura cinese. Tra le storie di Giasone e Medea e le avventure di Enea che decorano le sale del piano nobile ci sono le sculture-aquiloni raffiguranti gli animali fantastici tratti dal bestiario del Classic of Mountains and seas, il più antico testo mitologico e geografico cinese, risalente al III secolo a.C. Realizzate con bambù, carta di riso e seta. Creature mitologiche che fluttuano nello spazio, invitando ad una riflessione sulla storia e sull'antichissima identità culturale cinese, quasi spazzata via dalla Rivoluzione Culturale, e portando ad un confronto con la Cina attuale che crea mostri per controllare la popolazione. Alla cancellazione della memoria storica in Cina nella seconda metà del Novecento si riferisce anche l’iconico trittico fotografico Dropping a Han Dynasty Urn. A quest’opera si accompagnano la vetrina con i resti del vaso risalente a circa duemila anni fa e il ready made Han Dynasty Urn with Coca Cola, che, evocando al contempo Andy Warhol e Marcel Duchamp.
Tra le opere esposte non mancano gli oggetti che ricordano il progresso della Cina negli ultimidecenni come la serie di installazioni Forever Bicycles, realizzate con biciclette assemblate in strutture complesse, che rappresentano una riflessione sul cambiamento sociale e urbano in Cina. Un consistente gruppo di opere in mostra è dedicata al tema delle migrazioni nel Mediterraneo. La carta da parati Odissey, composta in fregi come vasi attici, rappresenta le difficili esperienze dei migranti e idealmente dialoga con i cicli di affreschi di Palazzo Fava. Il parallelismo tra le vicende narrate nell’Eneide e le attuali crisi migratorie sottolinea la continuità dei temi dell’esodo dalle guerre e della ricerca di una nuova patria nella storia umana. «Le mie cosiddette opere d’arte – racconta l’artista – sono tutte frutto dei miei pensieri e delle mie emozioni. Non mi pento di averle create. Riflettono autenticamente i miei veri sentimenti e le circostanze in cui mi trovavo in quei momenti, strettamente legati con le mie esperienze e la mia educazione».
Grandi protagoniste sono le opere composte da mattoncini LEGO, che riprendono, mutandole ironicamente, alcune importanti opere della tradizione pittorica occidentale. Un approccio che permette di «esprimere il rapporto tra cultura, politica e ambiente personale in una nuova lingua, combinando sensazioni attuali e memoria culturale, e collegando la comprensione del passato con le aspettative moderne».
In mostra diversi capolavori della pittura rinascimentale, barocca e moderna subiscono questa irriverente trasformazione, come la Venere dormiente di Giorgione (Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda), a cui Ai Weiwei aggiunge una gruccia per ricordare gli aborti autoindotti prima della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza o l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci (chiesa di Santa Maria delle Grazie, Milano).
"In un momento storico difficile come quello che stiamo vivendo, il suo lavoro e il suo messaggio continuano a sfidare e ispirare il pubblico, ribadendo l'importanza della creatività e del pensiero critico" - ha affermato il curatore Arturo Galansino.