Food :: 25 ott 2018

L'autunno troppo caldo: non cadono le foglie

Brusco maltempo in arrivo: l'agricoltura ce la farà?

Fine ottobre. E il caldo non demorde. Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti: non cadono le foglie (1) dalle piante poiché non sono entrate nella fase di riposo vegetativo caratteristico della stagione. Peggio, mosche e zanzare a testimoniare un autunno pazzo non danno tregua. In altre parole un 2018 che si classifica fino ad ora come il più bollente dal 1800 in cui sono iniziate le rilevazioni con una temperatura superiore di 1,53 gradi la media storica. Ce lo dice la Coldiretti sulla base dei dati Isac Cnr relativi ai primi nove mesi dell’anno.
Nelle città l'aria si fa sempre più pesante e meno salubre e nelle campagne (2) i parassiti delle piante, causa le anomale temperature miti, sono rimasti attivi e attaccano più facilmente le colture. Come la cimice asiatica, per esempio, che ha invaso città e campi coltivati dove sta facendo strage di frutta, cereali e soia.
Ma il peggio è dietro l'angolo... a giorni è previsto l'arrivo del maltempo con un forte abbassamento delle temperature. Risultato? Le piante impreparate a difendersi subiranno evidenti danni. Le condizioni metereologiche quasi estive nel pieno dell’autunno, la cosiddetta "ottobrata", non sono – precisa la Coldiretti – un fenomeno raro ma quest’anno si inseriscono in una quadro generale che conferma la tendenza al cambiamento climatico che si manifesta con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo.
Un 2018 tristemente da "libro nero" per l'agricoltura (3) e non solo: nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua, grandinate e siccità hanno interessato il Belpaese a macchia di leopardo provocando oltre 600 milioni di euro di danni alle coltivazioni.
C'è da chiedersi se e quando l'uomo, la politica, i Paesi prenderanno - per davvero - coscienza della fragilità del nostro pianeta. Che da tempo lotta per la sopravvivenza, grida perché i mari non diventino solo un ricovero per la plastica o perché l'agricoltura non assomigli sempre di più a un "terreno" malaticcio da curare. E l'aria che respiriamo, spesso veleno, non ci soffochi lentamente.
Ironicamente, ma con un velo di tristezza, mi consola una frase del filosofo e antropologo francese Claude Lévi-Strauss: "Il mondo è cominciato senza l’uomo e finirà senza di lui".

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