Food :: 2 lug 2018

Insetti da mangiare

Ricette dall’Antropocene

Di Elisabetta Dall’Ò.

Tagliatelle integrali di cavallette al battuto dell’orto e Nus Doc.
O tempora, o mores! Così direbbe Cicerone guardando all’era in cui viviamo, l’Antropocene, e alle conseguenze del nostro impatto di specie sul Pianeta: qualcosa — qualcosa come interessi economici, petrolio, produzione di energia, industria alimentare, rapporto con l’ambiente — ci è sfuggito di mano; da duecento anni a questa parte, a partire dalla Rivoluzione Industriale, abbiamo letteralmente “consumato” la Terra, “divorato” i polmoni verdi e le foreste secolari, immesso anidride carbonica e gas di ogni sorta nell’atmosfera, riempito di plastica i mari, e raso al suolo gli habitat di molte specie colpevoli solo di essere sulla strada di quello che la nostra civiltà occidentale chiama “progresso”. Abbiamo, è il caso di dirlo, fatto i conti senza l’oste ed ora ci ritroviamo a dover pagare, con gli interessi, un conto molto salato in termini umani ed ecologici.
Il “clima che cambia” ne è la manifestazione più emblematica, e lo fa fuori dal nostro controllo, così come resta fuori da quello della politica e della scienza; è un evento autonomo e ingovernabile; una sintesi perfetta della crisi di significato che pervade la nostra era. E se la situazione ci è sfuggita di mano, dovremmo almeno tentare di non mancare la presa sulla sua comprensione, e sulle possibilità che ancora abbiamo di fare qualcosa.
Siccome siamo in tema di cucina e di cultura, mi sento di condividere il pensiero dei colleghi antropologi Marino Niola e Elisabetta Moro, per cui la nostra civiltà, a ben pensarci, è una sorta di cucina, perché strappa agli umani la loro naturalità nuda e cruda e li trasforma, li rende “coltivati". E se le parole cultura e coltura hanno la stessa radice (derivano dal verbo latino còlere=coltivare) non è certo un caso. Còlere traduce infatti una molteplicità di azioni che potremmo definire “culturali”, come abitare (uno spazio, un luogo), coltivare (un campo), ornare (un corpo), venerare (una divinità), ed esercitare (una facoltà). Dunque coltiviamo, con perseveranza, noi stessi, i luoghi che abitiamo, le nostre abitudini, la nostra società. E la cultura alimentare è tra i fattori che giocano (e giocheranno) un ruolo decisivo per il futuro delle risorse del nostro Pianeta; occorrerà, per soddisfare le esigenze dei 10 miliardi di abitanti che popoleranno la Terra nel 2050, pensare a soluzioni alternative alla produzione intensiva di carni. Secondo la FAO, queste potrebbero arrivare dai “novel food”, e in particolare dalla produzione di insetti; molto più sostenibile da un punto di vista ambientale, e meno dispendiosa in termini energetici.
Per questa terza ricetta di abbinamento vini-insetti (le prime due rispettivamente del 23 maggio 2018 QUI e del 15 giugno 2018 QUI) ho pensato di continuare l’esplorazione antropologica del mondo degli insetti edibili proponendo un abbinamento originale, gustoso, e di grande effetto. Un piatto che si ispira alla tradizione di famiglia, quella della pasta fatta in casa per il pranzo della domenica — magari dalla nonna — e che si annuncia come un’esperienza in grado di mettere d’accordo innovazione e tradizione.
Ed ecco le tagliatelle integrali di cavallette al battuto dell’orto (1).
 Per la pasta bastano 4 ingredienti, e 30 minuti di preparazione: un mix di farine biologiche (farina di segale integrale, farina del Senatore Cappelli, farina tipo 2), farina di cavallette bio (10%), acqua, olio evo, sale. Per il battuto ho scelto 3 aromatiche dell’orto: timo, origano e pervitta, fresche, speziate e un po’ balsamiche. Si possono usare sia fresche, a crudo, sia essiccate; io ho optato per la seconda possibilità, le ho messe in un macinino e le ho polverizzate.
 Perché scegliere la farina di cavallette? (2) Perché è buona da mangiare; ha una consistenza integrale che ci è familiare, un sapore delicato, lievemente erbaceo e finemente speziato che la rende perfetta per un primo piatto. E poi perché è “buona da pensare”; oltre ad ad essere prodotta in modo sostenibile per il nostro pianeta, possiede tutti e 9 gli aminoacidi essenziali (quelli che si trovano nella carne), ed è ricca di sostanze nutritive importanti per il nostro organismo quali ferro, calcio, vitamine B2 e B12. Insomma, da un punto di vista nutrizionale è un’ottima scelta.
 Ma la grande vera sfida era mettere alla prova la sue qualità di tenuta nell’impasto delle tagliatelle (3). E chi meglio della mitica “nonna Silvana” (come vorrei fosse mia nonna) — depositaria di un sapere tecnico ineguagliabile —, poteva essere in grado di valutarlo? Bene, abbiamo sottoposto il nostro impasto al suo banco di prova — matterello e spianatoia— , e la farina di cavallette è stata promossa a pieni voti! Tagliatelle belle e pure buone, parola di nonna! (4)
Quale vino per un piatto così? Un rosso molto particolare, in grado di riprendere le note speziate delle cavallette e del battuto esaltandone il gusto: il Nus Doc 2016, un rosso che nasce da 5 vitigni autoctoni valdostani: Vien de Nus, Petit Rouge, Premetta, Mayolet e Fumin, prodotto dalla piccola Azienda biodinamica Les Granges di Nus (Aosta) (5). Un vino avvolgente, dal colore rubino intenso, con un tannino fine ed elegante, rispettoso della natura e dell’ambiente, frutto di un paziente lavoro di ricerca e della passione della famiglia Crea-Grange, vigneron da generazioni, che ha fatto dei tre ettari di vigna un bellissimo esempio di sostenibilità. Provare per credere!

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