Focus On :: 24 nov 2022

Firenze - Ristorante La Leggenda dei Frati

Piatti “leggendari” in un contesto incantevole

La Leggenda dei Frati, certamente tra i ristoranti di Firenze (1) più interessanti, non solo per l’impagabile posizione con vista a 360° sulla città del Giglio, per l’affascinante storia che lo contraddistingue, ma anche per le atmosfere sobrie delle sale, per l’esclusività dell’accoglienza e del servizio e, naturalmente, per le creazioni dello chef e patron Filippo Saporito che insieme alla moglie Ombretta lascia il cuore in ognuno dei suoi piatti. 

Saporito (2) appena lo incontri lo apprezzi: per nulla divo, con garbo, cerca di assecondare i gusti dei propri ospiti, forte di una cucina capace di sorprendere a ogni portata e, seppur figlia di sofisticate tecniche di preparazione, convince e sopratutto accarezza i sensi del fortunato avventore.

Tutti i suoi piatti costruiti e presentati con grande cura, contemplano ingredienti che parlano di produttori attenti al buono, al sano e al naturale. “Il successo del Ristorante è fatto non da una singola persona ma da un gruppo coeso di professionisti che hanno in comune l’amore per la materia prima e la sua lavorazione” - afferma Saporito che individua altresì nella rete dei fornitori “amici” (cito Franco Lodini esperto di erbe selvatiche o le carni senesi dell’Azienda agricola Casamonti o ancora l’artigiano Ruggero Gesù con i suoi piatti personalizzati), una fonte imprescindibile per la buona risuscita della macchina ristorativa. 

Ma entriamo nel vivo del nostro viaggio al palato attraverso una cucina fortemente connotata da colori, sapori e profumi (va precisato che lo chef è di origini sicule), di incredibile leggerezza e gusto.

Il menù contempla il così - simpaticamente - detto “Menu del… cavolo” 6 portate a base vegetale, particolarmente amato dallo chef che ci rivela la sua passione nella lavorazione delle verdure, “ingredienti con più sfumature”.

Seguono due menù classici da 7 e 9 portate fino a “La carte”, per una scelta libera che spazia tra sapori terragni come il Piccione o di mare come il Pesce in zuppa.

Ed ecco la mia esperienza introdotta da un entrée di benvenuto, un tris, rispettivamente formato da una Madeleine di formaggio vaccino di montagna, una nuvoletta di soia con bisque di gambero e una pappa al pomodoro fritta con gel di basilico. Finger food gradevolissimi seguiti da un Tataki di barbabietola, vero tripudio di freschezza, accompagnato da una  maionese vegana. Difficile resistere alla selezione di chips di riso o mais (alcune decorate con una sorta di lettering), divertente e goloso intervallo, tra un chiacchiera e l’altra (3).

Già l’inizio è un inno all’essenzialità, dove la “confusione” è bandita: tre gli ingredienti fondamentali di ogni portata, l’equilibrio è protagonista e gli elementi principali chiaramente leggibili. Come le “creature” dell’orto da cui Saporito attinge moltissime componenti cardini dei suoi piatti. Un orto panoramico, a ridosso del ristorante stesso, ricco di oltre 89 piante differenti, un albero di pepe di Sichuan, numerose erbe aromatiche etc. 

Veniamo alla prima scintilla creativa dello chef da me scelta, il Gambero di Mazara.

Il gambero c’è ma non si vede (4). In primis è un mare variopinto di limone candito, nocciole e spuma di patate allo zafferano, decorato in superficie con gli scarti del cavolo cappuccio, del prezzemolo e del pomodoro essiccati. Un solare dipinto da contemplare se non fosse per la gola mista a curiosità che induce istintivamente ad immergere il cucchiaio e “pescare” il bramato crostaceo rosso. E il resto è diletto.

Ode all’autunno e al bosco toscano con il primo piatto, un Risotto (5). E qui urge un inciso. Sono sempre scettica quando si parla di risotti anche nel caso di blasonati cuochi come Saporito. Sarà per i miei natali meneghini ma il risotto non può che essere irreprensibile per esecuzione, armonia, consistenza, ingredienti e pulizia dei sapori. Requisiti che, ebbene sì, ho riscontrato nella suggestione delle Leggenda. Funghi cardoncelli, crema di scorzanera, topinambur, la composizione del servito, il tutto reso ancor più sfizioso da un twist leggermente agrumato da piccole sfere di arancia e carota, controbilanciate dalla nota amarognola del burro aromatizzato al muschio.

Finale morbido e gustoso con la Guancia di Vitello (6), accompagnato da crema di scarola, spuma di yogurt e cavolfiore marinato in olio e alloro. 

Tra i nettari, basti citare un raffinato calice di Verdicchio dei Castelli di Jesi 2021 di Villa Bucci. Migliore bianco fermo al mondo nel 2019. 

Una cena leggendaria, non c'è che dire…

 

Altre info: 

 

 

 

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