Capita alle aziende con la A maiuscola, di scalare la marcia, rimboccare le maniche dopo una grande intuizione, nonostante gli ostacoli e i pareri contrari. Così è successo a un nome dell’enologia umbra, Marco Caprai che, insieme al padre Arnoldo, con perseveranza e coraggio, ha seguito un suo “pensiero profondo” alias ferma convinzione sulla riscoperta di un vitigno di culto, il Sagrantino. Correva l’anno 1987, il vitigno allora ”incompreso” dai più e considerato dalla valenza economica nulla, colpisce, invece, il produttore umbro che dopo varie vicissitudini e tentativi di dissuasione, non molla “il grappolo” e nel 1990 questo complesso vitigno prende il volo, tanto che il territorio di Montefalco passa complessivamente da 30 ettari a 700 ettari. Lavorano con lui tecnici di tutto rispetto, da Leonardo Valenti dell’Università di Milano, all’enologo Attiglio Pagli fino al francese Michel Rolland. Il resto è storia fatta di ricerca, sperimentazione, alti e bassi, al fine di riuscire a definire lo stile giusto del Sagrantino, varietà antica con la più alta quantità di polifenoli al mondo. Un vino che oggi Marco Caprai ha saputo far rinascere in chiave moderna e di cui abbiamo assaporato l’annata 2019, rispettivamente il Collepiano Montefalco DOCG, il Valdimaggio Montefalco DOCG, e un 25 anni Montefalco Sagrantino DOCG, in occasione di una memorabile degustazione al ristorante stellato Chic Nonna di Vito Mollica. Ma non è tutto, il wine pairing ha altresì contemplato lo Spinning Beauty 2012, il Sagrantino Caprai affinato per 10 anni in barrique e infine il Passito Sagrantino DOCG 2018.
Il Sagrantino (1), quindi, comune denominatore di una cena dove i piatti di Mollica (2) fatti di ritmo e leggerezza, ma anche autenticità ed estro, spontaneità e ricerca sono stati gli spaccati al palato di una sceneggiatura gastronomica impeccabile. Penso alla Terrina di cortile con puntarelle alle acciughe San Filippo (3), una suggestione che ha abbracciato stupendamente le note del Sagrantino Collepiano, fresco e morbido al palato, da subito rivelatore al calice di tannini setosi e di un finale lungo che chiude con un gradevole sentore sapido. Un matrimonio perfettamente riuscito anche con l’altro nettare della stessa annata, il Valdimaggio, elegante, avvolgente su tannini gentili che si inseriscono nella buona freschezza e calda gustosità.
Il primo piatto dello chef, dei Fusilli ricci (4) fatti a mano al ragù di cervo e tartufo nero, ha accompagnato un vero best-off della gamma firmata Arnoldo Caprai, il 25 anni Montefalco Sagrantino DOCG, un vino “speciale” (5), vero fiore all’occhiello dell’azienda, di cui Marco Caprai ci rivela - “E’ un vino che ci induce ogni anno a fare un pò meglio, con un pò più di selezione e attenzione”. E si sente: ritorna l’eleganza ma qui i tannini sono più muscolosi e la persistenza, lunga quasi infinita, è bellissima.
Ugualmente interessante lo spessore dello Spinning Beauty 2012, il Sagrantino (6) dedicato al padre, Arnaldo Caprai, imprenditore del ricamo. Ago e filo cuciono una trama dalla complessità aromatica notevole, per un vino quasi di nicchia, la cui produzione è di poche bottiglie. Un nettare che è metafora di un filo invisibile capace di unire saldamente le storie di una famiglia e dei suoi valori. L’incanto nel piatto si è espresso attraverso una Quaglia farcita al cavolo nero con fois gras scottato e sedano rapa.
Infine, il magnifico dolce, un Rocher al cioccolato Noalya e zabaione, ha “chiamato” un Passito Sagrantino DOCG 2018, così piacevole e ben bilanciato nella dolcezza da invogliare a più di un sorso. E il dessert, di puro piacere, finire in pochi istanti.
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