Una villa di grande charme, dove il lusso raffinato è appena sussurrato per una clientela elegante ed esigente (1). É Il nuovo cinque stelle di Firenze, Dimora Palanca, figlio di un sofisticato progetto di restauro conservativo che ha riportato quest’edificio storico, grazie al sapiente lavoro dell’architetto e designer Stefano Viviani, a nuovo lustro tra stucchi, affreschi, marmi e arredi icona del design contemporaneo. Varcarne la soglia dalla centralissima via della Scala, è un tuffo “morbido” in un universo ovattato, dove il bello, la cura del dettaglio e lo stile dominano incontrastati ogni ambiente: dalle zone comuni, alla reception, alle camere, all’outdoor. Ci sono corpi illuminanti che non passano inosservati e sopratutto che arredano con un pizzico di poesia come il gigantesco lampadario di Marcel Wanders, in sintonia con i fiori di stucchi e gli affreschi nella sala delle colazioni o altri punti luce, solo per citarne alcuni, di Castiglioni, Claesson Koivisto Rune, Magistretti, Starck e Anastassiades. O ancora i tavolini di Antonio Citterio e Pietro Lissoni. E poi il bianco delle pareti, delle porte e degli infissi, la ricorrente boiserie di matrice francese e la luce naturale (2), generosa delle ampie vetrate per uno chic living memorabile e pregno di confort.
18 camere di cui 4 sono ospitate dalla Serra, magnificamente coibentate per un relax pieno e appagante, sono pervase da un mood cromatico di nuance leggere, con qualche incursione di cuoio, grafite porpora cardinalizia e carminio. Nella Master Suite di 47 metri quadrati, come non buttare l’occhio sul meraviglioso letto Alcova ’09, nonché sulla dormeuse Febo di Antonio Citterio per Maaxlto (3)? Ovunque si abbraccia signorilità in un mix tra presente e passato, una vera gioia per gli occhi e lo spirito anche se non si è dei cultori dell’interior design.
E poi c’è il talento dello chef Giovanni Cerroni (4). Una proposta culinaria di alto livello quella del ristorante Mimesi a servizio degli ospiti ma anche di chi arriva da fuori. Misurato, essenziale, il giovane cuoco romano, alieno da stucchevoli forme di protagonismo, nonostante un background già di tutto rispetto maturato in Italia e all’estero, offre una cucina innovativa, fedele ad alcuni fondamentali quali la migliore materia prima, la conoscenza e la chimica in risposta anche a un bisogno sempre più crescente di leggerezza e salute. Abbinamenti sorprendenti, mai inutilmente provocatori che abbiamo riscontrato assaporando la mirabile Panzanella di gamberi rossi di Mazara del Vallo (5) o gli Spaghetti al cavolo nero, fonduta di pecorino e alici (6).
Suggestioni essenziali, solari, emozionali, che conquistano per cromatismo, consistenza, “impaginazione” delle parti, originalità e bontà certa.
Sarà una storia di stelle? Forse, noi ci saremo certamente a raccontarlo. Provare per credere.
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