La cucina con gli occhi a mandorla piace, non c’è che dire. Sapori e profumi esotici che da qualche anno ormai sembrano sempre di più fidelizzare un pubblico eterogeneo attento a scoprire una gastronomia spesso distante dal nostro vissuto quotidiano.
Firenze certo non fa eccezione. Di più, basta guardarsi intorno per capire che le cucine asiatiche stanno vivendo un vero momento di gloria anche e soprattutto (e per fortuna a aggiungerei) in formule di qualità e di suggestioni culinarie ricercate e gourmet. Tra queste spicca per interesse e originalità il ristorante Fulin (1), vero Luxury Chinese Experience, eccellenza da seguire con attenzione, lontana da esempi poco rassicuranti dell’immaginario collettivo. Legno a profusione, canne di bambù a vista, pannelli decorativi con intarsi geometrici dalla forte valenza simbolica, sistemi illuminanti che paiono una pioggia di fiori stilizzati, colori che virano dalla sabbia alla crema passando per il grigio tortora, questa la struttura del Fulin, pronta ad accogliere gli ospiti in un ambiente di raffinata eleganza (2).
Certo, le citazioni dal mondo cinese sono evidenti: sulla parete bianca della reception, appena si varca la soglia d’entrata, impera un ricco e sontuoso abito tradizionale cinese beneaugurante (3). Ai piani successivi poi, magnifici murales con alberi di pesco a tutta altezza sulle pareti (4) regalano un viaggio emozionale ed immersivo che parte dagli occhi per arrivare alla gola. Alla regia i lungimiranti proprietari Stefano Dai e Francesco Han che insieme ai due talentuosi chef, entrambi della terra del Dragone, offrono una cucina dove le materie prime di qualità si incontrano nelle numerose portate anche audaci, senza però perdere di vista la millenaria filosofia e cultura classica d’oriente.
Ecco quindi ravioli innovativi ripieni di manzo, tufo marinato con crema di zucca profumata al tartufo (5). Vince la “contaminazione” di grande piacevolezza data dal fungo ipogeo di casa nostra. Sempre a base di zucca il Tofu-lin piatto normalmente servito come antipasto, dove un gamberone fritto mezzancolla si adagia su una mattonella di tofu, un vero boccone da re che anticipa bene i tratti distintivi dell’intera tavola (6). Tra i primi piatti non si può non assaggiare il cereale principe, proposto in carta in varie soluzioni: dalle più tradizionali ad altre più inedite.
Fedele ai fondamentali, per esempio, il riso all’orto con fagiolini, carote, funghi Xiang-gu, erba cipollina e uovo al profumo di funghi porcini. Semplice, rinfrescante e appetitoso. “Postilla” creativa ma sempre dai contorni equilibrati, il fiore di calamaro abilmente intagliato dallo chef e impiattato sopra il letto di riso alle verdure (7). Un tripudio cromatico e di consistenze. Coté carne, il filetto di manzo piemontese saltato nello zenzero, insieme alla cipolla e alla salsa di soia, fa’ breccia nel cuore gastronomico di chi lo gusta. Anche qui vige la filosofia “less is more” pochi elementi per un risultato mai banale. Da scegliere senza esitazione inoltre il branzino con base di germogli di soia, asparagi, servito con salsa al caviale nero (8). Se poi lo si abbina ai fagiolini verdi saltati con foglie d’ulivo marinate e mandorle croccanti il viaggio sulle vie d’Oriente, non può non lasciare indifferenti. D’obbligo poi un’occhiata all’ampia cantina dei vini. Tanti e pregiati: da raffinati Chablis ai Tignanello di tutto rispetto di Casa Antinori. Ultimo ma non meno importante il servizio: il racconto di ogni piatto, il vino più indicato per ogni situazione, fanno del Fulin un luogo esperienziale affascinante più che una mera occasione di pasto. Insomma, un ristorante perfetto per una clientela cosmopolita, curiosa e severa al contempo, partecipe della sostanza, ça va sans dire, ma anche della forma. Stimoli ai quali Fulin risponde con passione.