Una magnifica favola per ricominciare nel nome del bello e dell'arte dopo lo stop forzato causa pandemia, è proprio il caso di dirlo. La nuova esposizione "Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba" (1) in scena a Prato presso il Museo del Tessuto fino al 21 novembre, è una vera magia, un sogno affascinante che si materializza nelle sale dell'importante istituzione culturale pratese.
"Il frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca nato nel 2018" - ha raccontato in conferenza stampa Filippo Guarini Direttore Museo del Tessuto (2).
Galeotto fu un baule dal contenuto straordinario, benché in parte deteriorato, appartenuto alla soprano pratese Iva Pacetti, che ha svelato costumi (3) e gioielli di scena risalenti alla prima assoluta della Turandot di Puccini del 25 aprile 1926 al teatro alla Scala di Milano, poi misteriosamente scomparsi.
Grande merito va dato alla conservatrice del Museo, Daniela Degl’Innocenti che, da subito, ha riconosciuto in due costumi e in due gioielli di scena quelli disegnati e realizzati dal costumista del Teatro alla Scala Luigi Sapelli (in arte Caramba) per la prima assoluta dell’opera e indossati da Rosa Raisa, il primo soprano della storia a interpretare il ruolo della ‘Principessa di gelo’.
Un’esposizione di ampio spessore e respiro (4), certamente inedita e molto impattante. Tanti gli attori, tra enti e istituzioni pubblici e privati, che hanno contribuito alla realizzazione di questo percorso museale di rara bellezza dove il visitatore ripercorre, tra stupore e profonda emozione, le vicende che portarono Giacomo Puccini a scegliere Galileo Chini per la creazione delle scenografie della Turandot.
Puccini volle, infatti, affidare l’atmosfera orientale dell'opera - ambientata all’interno del palazzo della Principessa cinese – ad un artista che l’Oriente l’avesse vissuto veramente e trovò in Galileo Chini, che aveva lavorato in Siam (attuale Thailandia) per ben tre anni (1911-1913) contribuendo alla decorazione del Palazzo del Trono del Re Rama VI, l’interprete più adatto a costruire l’immagine scenica della Turandot. Dal suo soggiorno orientale Chini tornò con un bagaglio di centinaia di manufatti artistici di stile e produzione cinese, giapponese (5), siamese che influenzarono la sua produzione artistica anche dopo la permanenza in Siam.
Ma vediamo da vicino il percorso espositivo della mostra che occupa circa 1.000 metri quadri complessivi...
Il "viaggio" scenico si apre nella Sala dei Tessuti Antichi con una selezione di circa 120 oggetti della collezione Chini, proveniente dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze. Tessuti, costumi e maschere teatrali. E ancora... porcellane, strumenti musicali, sculture, armi e manufatti d’uso di produzione thailandese e cinese che sono stati continua fonte di ispirazione per l’Artista (6).
L’esposizione prosegue al piano superiore con una sezione dedicata alle scenografie per la Turandot e al forte influsso che l’esperienza in Siam ebbe nell’evoluzione del percorso creativo e stilistico di Chini.
La terza e ultima sala riunisce finalmente, dopo decenni di oblio, gli straordinari costumi della prima dell’opera sottoposti a importanti e complessi interventi di conservazione e restauro da parte del Museo, resi possibile grazie a un poderoso sforzo corale con il cofinanziamento della Regione Toscana e l’organizzazione da parte del Museo del Tessuto di un’impegnativa campagna di crowdfunding denominata “Il Costume Ritrovato”.
In mostra anche alcuni bozzetti originali e pochoir dei costumi dell’opera del celebre illustratore Filippo Brunelleschi, artista inizialmente designato da Puccini, il manifesto originale della prima dell’opera e la riduzione per canto e piano editi da Casa Ricordi e illustrati con la celebre immagine di Turandot realizzata da Leopoldo Metlicovitz, a oggi una delle immagini più iconiche del melodramma italiano.
A Iva Pacetti, protagonista silenziosa della nostra mostra, il Museo ha dedicato una sezione espositiva multimediale a conclusione del percorso.
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