Una Macerata che non ti aspetti. E' proprio il caso di dirlo, questa città ancora troppo poco visitata è una vera pepita di sorprese che testimonia un substrato culturale altissimo.
Tappa obbligata è certamente il meraviglioso Palazzo Buonaccorsi che include, oltre alle due collezioni di arte antica e moderna, lo straordinario museo delle carrozze (1), frutto della generosa donazione nel 1962 di Pier Alberto Conti già sindaco di Civitanova, poi implementata negli anni con nuovi esemplari e aggiornamenti.
"Un viaggio profondamente immersivo, un vero e proprio racconto tecnico e sopratutto sociale e antropologico" - così ci introduce all'imponete museo, una volta varcata la soglia, la direttrice, storica dell'arte e museologa Giuliana Pascucci (2 - 3). Niente carrozze principesche, infatti, bensì molti di quei modelli che dal 700 in poi hanno segnato l'evoluzione del modo di viaggiare e di vivere. Dal Grand tour, al modello per andare a prendere il treno o per recarsi a teatro. Ma anche quello dedicato all'addestramento del cavallo carrozziere, come la Skeleton break sorta di macchina usata per l'"autoscuola" equestre.
Il primo tête a tête con questi magnifici esemplari è, però, con un veicolo originalissimo: una portantina (4) che non prevedeva l'ausilio del cavallo bensì dei servitori, utile per il trasporto all'interno del palazzo alla stregua di un ascensore. O tutt'al più per trasferimenti brevi nello stesso quartiere. Uno scrigno prezioso e riservato che proteggeva i "nobili" piedi dell'aristocratico dal sudiciume di strada e dalla curiosità dei vicini.
Proseguendo nel percorso espositivo tra una sala e l'altra, ciò che colpisce è la cura del décor e degli arredi in cui berline, cabriolet e landau (5) si ergono fiere in tutta la loro bellezza. Le carrozze sono infatti posizionate sul loro selciato originale, la ghiaia. Il legno come passerella guida naturalmente il visitatore nella narrazione museale. E l'illuminazione, dall'alto e dal basso, favorisce una duplice lettura del mezzo: generale e più dettagliata.
Ed ecco la Berlina del 700 adibita a lunghi viaggi con ammortizzatori a collo di cigno e ciglioni di cuoio. O ancora il modello completamente trasformabile che rinasce a caleche, ossia aperto. Verso fine secolo la carrozza diventa da città con un design più pulito e scattante. E che dire della Break wagonette (6) della seconda metà dell'800, modello capace di ospitare 6 persone disposte vis à vis per spostamenti ampi? L'immaginazione si accende e il passato ci travolge proprio come un racconto di Proust.
Così anche nella visione degli accessori d'epoca: dalla vetrina dei finimenti e dei morsi, alla piccola ma affascinante esposizione di ferri ortopedici per curare le anomalie dei piedi dei cavalli o ancora al porta pastiglie per il mal di carrozza.
Un incantevole palcoscenico che ci riporta con tutti i sensi in epoche apparentemente lontane, ma emotivamente vicine al solo risveglio dell'orecchio per il rumore degli zoccoli sul selciato di legno che ci accoglie e saluta all'ingresso del Museo.
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