Il Masi di Lugano apre la stagione espositiva con una mostra di eccellente livello che ci fa scoprire un importante esponente della fotografia Svizzera poco conosciuto in Italia, Ernst Scheidegger (1), collaboratore della prestigiosa agenzia Magnum. L’esposizione, divisa in due parti presenta prima degli scatti giovanili che ritraggono un’Europa devastata dal conflitto mondiale ma che vuole risorgere a nuova vita. Scatti neorealistici tipici dell’epoca (2) che si rifanno anche alla nostra illustre stagione cinematografica coi capolavori di De Sica, De Santis, Antonioni e tanti altri. Forti contrasti luminosi, prospettive stranianti, messa a fuoco disinvolta: scatti privati in bianco e nero (3) realizzati con una macchina Rolleiflex su temi classici come il riverbero delle luci di scena sui volti degli artisti di un circo, le emozioni a buon mercato delle fiere e del luna park, la vita popolare, i bambini in strada. La seconda parte invece analizza le fotografie per cui è più noto, gli scatti negli atelier degli artisti che hanno fatto la storia del secolo breve.
Ciò che fa un unicum di questa eccezionale mostra è la scelta di aver accostato le bellissime foto di Scheidegger alle opere degli artisti ritratti con scoperte davvero sorprendenti (4 - 5). La svolta nella sua carriera è avvenuta grazie all’amicizia con Alberto Giacometti, svizzero come lui, di cui sono presenti intensi ritratti e le foto dell’atelier, in una suggestiva casa montana di Stampa in Engadina. Del grande scultore sono presenti due opere e uno straordinario documentario in cui lo si vede all’opera durante tutte le fasi realizzative, dal disegno iniziale fino alla scultura. Giacometti lo introduce alla vita artistica della Ville Lumiere permettendogli di conoscere e ritrarre tra gli altri Miró, Dalí, Ernst, Max Bill, Chagall, Kokoschka, Le Corbusier, Arp, Leger, Cuno Amiet, Marino Marini, Moore, Chillida, dei quali è sempre presente almeno un’opera proveniente dalle grandi collezioni della Kunsthaus di Zurigo, tra i maggiori musei elvetici. Raramente in posa, gli artisti sono fotografati nel loro ambiente, al cavalletto, al tavolo di lavoro o sul tavolo da disegno: scatti che sono al servizio dell’arte, con uno sguardo calmo e rilassato, quasi oggettivo. In realtà è importante la presenza dell’artista, al punto che la scomparsa di Sophie Tauber Arp prima del ritratto, ha fatto decidere a Scheidegger di immortalare lo studio vuoto, realizzando una assenza invece di una presenza nello scatto. Aperta fino al 21 luglio l’esposizione è assolutamente imperdibile anche dal punto di vista concettuale. Complimenti al direttore del Masi Tobia Bezzola e alla sua collaboratrice Taisse Grandi Venturi per l’originalità dell’approccio, oltre che per la qualità delle opere.
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