La diplomazia è certamente opera anzi arte degli uomini e donne che la rappresentano, ma si contorna di altri aspetti non secondari: come non ricordare un celebre aneddoto dell’allora Nunzio Apostolico in URSS, poi divenuto Papa? Dovendo riallacciare (come poi fece con successo) i rapporti tra la Santa Sede e quel Paese non proprio “ben disposto” nei confronti del soglio di Pietro, appena giunto a Mosca, fece assumere in Nunziatura la miglior cuoca disponibile in città per poi iniziare una “diplomazia della cucina”, passatemi l’espressione, che se certo non fu l’artefice del ravvicinamento tanto sperato, sicuramente vi contribuì.
Ed ecco allora che anche gli edifici che ospitano le Ambasciate rivestono rilevante importanza, sia storica che “politica” a seconda, appunto, del luogo e del momento. L’opera più che meritoria dell’Ambasciatore Gaetano Cortese, “Il Palazzo dei Conti di Pombeiro – L’Ambasciata d’Italia a Lisbona” (1) è volta proprio a valorizzare tali aspetti, si direbbe a tutto tondo, che vi ruotano attorno e questa fatica (ormai avendo dato alla luce numerosi volumi: tra i molti, ricordiamo quelli sulle nostre ambasciate di Bruxelles, Londra, Berlino, Vienna e Istanbul) ci porta, oggi, a Lisbona dove vediamo raccolte in un volume dalla grafica ben curata della Carlo Colombo spa, un’accurata descrizione (2) non senza adeguata nutrita quanto stimolante serie di fotografie (3), alcune anche storiche, che ben rendono omaggio al merito della nostra sede lusitana. Un palazzo che vanta natali illustri anzi in parte regali, con sobria imponenza mai ostentata, arredi e quadri d’epoca (4), come giustamente deve mostrare il “bel Paese”. Per non parlare dei bellissimi Azulejos, quadri di maiolica, vere opere d’arte che raffigurano scene del matrimonio (per procura…) della regina Margherita con Carlo II d’Inghilterra ed ancora i cortili, l’imponente scalone d’ingresso e molto altro, tutto da scoprire nell’interessante volume.
Ma non v’è, però, solo il palazzo, perché il libro dell’Autore, non a caso diplomatico di razza, ne coglie perfettamente oltre agli aspetti architettonici, la vita e la storia, con riferimenti e connotati politico diplomatici che ben illustrano il luogo che ospita la nostra rappresentanza, non senza tralasciare alcuni riferimenti nazionali, utili per il lettore.
Gustosissime, infine, le illustrazioni delle passate divise di gala e di più, con cui si abbigliavano i diplomatici nell’epoca d’oro della diplomazia, che taluni vorrebbero vedere ormai superata dalla tecnologia e che, invece, proprio le vicissitudini del mondo attuale riporta alla ribalta, mai d’attualità come in questo periodo. Perché se avremo una ragionevole speranza di ritrovare l’equilibrio internazionale, sarà proprio lei, la diplomazia, non certo la tecnologia, a darvi il maggior contributo: per l’esperienza e capacità delle persone, ovviamente, ma anche grazie ad un’opportuna cornice che le valorizzi e con loro il Paese così degnamente ritratto e servito in alcuni casi, come purtroppo anche di recente in Congo, fino all’estremo sacrificio.