Una narrazione avvincente come la storia vera sulla quale è stata romanzata. Il mito dell’Antartide, continente e mare lontano nel tempo e nello spazio, ma sempre pronto a stimolare la sfida di marinai e avventurieri nel regno dei 40 ruggenti, i temibili venti che battono senza sosta i naviganti al di sotto del quarantesimo parallelo a Sud dell’Equatore. In queste zone il vento, non incontrando terre emerse per migliaia e migliaia di chilometri, aumenta incredibilmente la propria intensità fino a divenire talmente forte da trasformarsi in ruggito costante ed assordante che più aumenta quanto più si scende a Sud.
E’ questo lo scenario in cui si muovono le avventure, in parte rievocate ed in parte immaginate da Jacques Nougier, che ci presenta le gesta di un pugno di temerari partiti nel 1887 da Bordeaux a bordo del Tamaris, moderno (per l’epoca) tre alberi con scafo in acciaio diretto alla Nuova Caledonia, fino ad approdare, dopo mille peripezie, ad un terribile naugragio sugli scogli a pelo d’acqua non segnalati nelle approssimative carte nautiche dell’epoca, complice anche qualche errore di punto nave stimato ed il tempo nebbioso imperversante.Inimmaginabile per noi come dovesse essere navigare allora ed ancor più in quei mari, tuttora pericolosissimi pur nell’era del GPS e della connessione satellitare omnipresente…
Ma torniamo al nostro autore che con prosa asciutta, non per questo meno coinvolgente anzi anche elegante, riesce ad inchiodarci nella lettura da farsi centellinandola o d’un sol fiato, come si preferisca. Narrazione che ci rende partecipi di questa navigazione, tra le necessità del commercio marittimo- allora (come ancor oggi) poco incline a cedere le sue esigenze preminenti anche a scapito della sicurezza della navigazione - così da indurre il comandante alla scelta poi rivelatasi drammatica: una rotta cioè più pericolosa ma ben più rapida per poter giungere prima a destinazione, se vi fosse giunto! Il fato era però in agguato: talvolta positivo nel permettere ad un giovane nostromo di fuggire dalla nave prima di questa sciagura, talaltra terribile come per gli altri naufraghi che conobbero realmente la dura sopravvivenza sull’Ile aux Cochons ove affidarono il proprio destino ad un messaggio inciso su un fermaglio di latta legato al collo di un Albatro, questo stupendo instancabile volatile che sarà l’inconsapevole latore dell’unica speranza di vita affidatagli dai naufraghi. Fiducia ben riposta, visto che il nostro audace “pennuto” fu poi (realmente) ritrovato il 25 Settembre 1887 sfinito ma ancora vivo sulla spiaggia di Perth in Australia, dopo un volo di circa 6000 km alla ragguardevole media di 130 km al giorno; grazie al suo messaggio una nave si recherà in soccorso, prontamente inviata dalla Francia, ostacolata dall’eterna nemica l’Inghilterra: entrambi i Paesi rivendicavano la proprietà su quei lembi sperduti di terra.
Dell’esito finale di questa spedizione di soccorso non vi daremo alcun dettaglio, se non il nome della nave soccorritrice: La Meurthe...