Aperta da pochi giorni e fino al 28 gennaio 2024, l’esposizione su Van Gogh (1) recentemente inaugurata al Mudec di Milano, in via Tortona 56, ribalta molti degli stereotipi che la vulgata ha attribuito al grande pittore olandese. Non si tratta di un artista solitario, pazzo ed autodidatta ma anzi, un po’ come accade per Antonio Ligabue, di un intellettuale colto (2), aggiornato sul dibattito culturale del suo tempo. Grande lettore, attento collezionista di stampe scrisse una frase che dissipa ogni dubbio sulla scorretta interpretazione dell’uomo e della sua opera: “i libri, la realtà e l’arte sono una cosa sola per me“. Realizzata in collaborazione con il Museo Kroller Müller di Otterlo nei Paesi Bassi, che vanta la seconda collezione al mondo dopo il Museo Van Gogh di Amsterdam di opere dell’artista, presenta ben 40 capolavori (3) che ripercorrono tutta la sua vicenda umana. Attraverso un percorso cronologico e tematico (4), si propone una inedita lettura che mette in particolare evidenza il rapporto tra la sua arte e la dimensione culturale focalizzandone l’interesse per i libri, l’influenza che ebbe su di lui il pittore Jean-Francois Millet e la fascinazione per il Giappone (5). Sentimento ricambiato molti anni dopo da un grande regista nipponico Akira Kurosawa che nel film a episodi Sogni ne dedica uno a Van Gogh, a dimostrazione che oriente e occidente si sono sempre ispirati vicendevolmente.
Quattro sono le fasi storiche fondamentali nella sua vita: il periodo olandese, il soggiorno parigino, quello ad Arles e infine l’internamento nell’ospedale di Saint-Remy. Il fil rouge dedicato ai libri mette in dialogo le opere del Kroller Müller con un’accurata selezione di edizioni originali di libri e riviste d’arte provenienti dalla Biblioteca Malatestiana di Cesena curata dalla studiosa Mariella Guzzoni. Della curatela fanno parte anche il Professor Francesco Poli e Aurora Canepari, conservatore del Museo di Arte Orientale Chiossone di Genova che ha fornito molte delle stampe nipponiche presenti. La prima parte riguarda il periodo olandese tra le brume del nord Europa. Nel bacino carbonifero del Borinage arriva come predicatore laico nella comunità dei minatori nel 1878. Qui si dedica a ritrarre questi lavoratori, la loro fatica, in un’analisi approfondita che culminerà nel celeberrimo Mangiatori di Patate, del quale in mostra ci sono dei disegni preparatori e una incisione realizzata da Van Gogh stesso. Per quanto riguarda il debito che l’artista sente nei confronti di Millet in quanto pittore dalla forte religiosità immersa nella natura, ci sono alcuni disegni in copia che Vincent fece, tratti da capolavori come Angelus o il Seminatore. Il periodo parigino lo vede entrare in contatto, grazie al fratello Theo con il gruppo degli impressionisti tra cui Toulouse-Lautrec e successivamente con i Puntinisti, in particolare con Signac che diventa suo amico. Le Vile Lumiere va di moda il Giapponismo grazie alla partecipazione del paese del sol levante a due esposizioni universali, mercanti e caffè alla moda. Nomi come Hiroshige, Shunsen e Hokusai diventano in breve tempo popolarissimi ed ispirano con i loro capolavori decine di artisti europei. Alla ricerca della luce Van Gogh arriva ad Arles nel 1888 e subito, inebriato da questi colori intensi inizia a dipingere con una straordinaria vitalità cromatica e luminosa. Campagne, Marine e ritratti sgargianti fanno da contraltare ai colori terrosi del periodo vissuto in patria. È questo il periodo del sodalizio con Gauguin finito tragicamente a seguito del quale Vincent decide di farsi internare in ospedale psichiatrico. Grazie al Dottor Gachet che ne intuisce le straordinarie potenzialità sono dipinti dei capolavori assoluti come gli scorci dei giardini dell’ospedale o meravigliose scene notturne. Purtroppo il “male di vivere“ non lo salva e nel 1890 pone fine alla sua esistenza.