Una mostra di così alto valore culturale oltre che sociale poteva andare in scena solo a Forte dei Marmi. Sì perché si parla di mare, di quel mare che "annaspa" tra plastica e residui di ogni genere ma che, in Versilia, per fortuna è ancora pulito (1 - 2). Stiamo parlando del progetto fotografico di Florian D’Angelo, dal titolo “Mare che sa parlare - MareMeerMarSeaMer" visibile dal 18 gennaio fino al 3 febbraio 2020 al Museo Ugo Guidi – MUG (3) del centro balneare tra i più chic della penisola. La ricerca alla base dell'iniziativa dal forte carattere ambientalista oltre che artistico, intrapresa quattro anni fa dal fotografo, abbraccia la complessità e la natura itinerante di processo di scoperta, acquisizione e studio delle dinamiche green dedicate all’ecosistema marino.
L’utilizzo del mezzo fotografico per documentare l’inquinamento marino (4 - 5) è andato di pari passo a quello della performance attraverso mezzi di comunicazione tradizionali come l’apposizione di manifesti pubblici e la presenza in gallerie e sedi museali istituzionali. Un viaggio che ha incluso partner istituzionali, enti ed esperti in campo di conservazione della biosfera, includendo workshop e giornate dedicate alla conoscenza del problema dell’inquinamento che, partendo dalle spiagge toscane, si fa globale. D’Angelo ci interroga e si interroga sul ruolo della nostra specie e sull’impatto che abbiamo sul pianeta che ci ospita come ineludibile effetto collaterale del progresso economico. I suoi scatti sono dispositivi di analisi che indicano come cartelli il pericolo prossimo lungo la strada di sviluppo da noi intrapresa, denunciando lo stato dei mari attraverso il materiale ritrovato sulle nostre spiagge: macerie che appartengono all’uomo e che a questo ritornano come relitti di una società che produce più di quanto richiesto. Questi oggetti, scarto della nostra società dei consumi, sono riprodotti dall’artista in maniera assoluta, decontestualizzati dall’ambiente circostante, come relitti senza tempo e senza spazio.
Lo spettatore, dinanzi alle opere D’Angelo è portato naturalmente a riflettere sulla relazione tra uomo e ambiente. Questo paradigma può essere sciolto in maniera attiva, prendendo come assunto l’uomo tiranno dei sui tempi o in maniera passiva, come teoria dell’abbandono perché si tratta di scarti rispetto a cui non è concepibile alcun riciclaggio ecologico, sociale, economico.
I rifiuti e il loro scarto sono il simbolo dell’accelerazione dei tempi e rappresentano ciò che a tutti i costi vogliamo rimuovere, fino a dimenticarcene: questi ci appaiono come rovine ineludibili delle nostra società per i quali proviamo una centra empatia in quanto ci appartengono ma verso i quali abbiamo già elaborato il lutto e creato una distanza verso questi.
Il MUG ha il sostegno della Fondazione Alimondo Ciampi onlus Signa, della Fondazione Romualdo del Bianco Firenze.
Con l’adesione del Comune di Forte dei Marmi, dell’Unione Europea, dell’International Council Of Museums, Regione Toscana, Toscana Musei, Toscana ‘900 – Musei e Percorsi d’Arte, Piccoli Grandi Musei, Edumusei, Provincia di Lucca, Provincia di Massa – Carrara, Sistema Museale della Provincia di Lucca, APT Versilia.
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