Visioni da bere :: 10 dic 2022

20 anni di Aquila Nera Riserva e il Trento Doc di Cesarini Sforza

La verticale di 10 vini

Venti anni di nobiltà narrati attraverso 10 vini e altrettanti piatti d’autore. Questa la straordinaria opportunità che abbiamo potuto vivere recentemente: al centro la longevità e l’evoluzione del tempo della Cuvée Aquila Nera Riserva, punta di diamante della cantina Cesarini Sforza, ora proprietà di Cavit (1). Spumante sofisticato e vigoroso (2), vera eccellenza, esaltato dagli abbinamenti ad hoc del grande chef Trentino Alessandro Gilmozzi (3), fedeli al territorio che hanno saputo esaltare splendidamente le varie annate di Aquila Nera Riserva. “Nel 2019 Cesarini Sforza è entrata nella galassia del gruppo Cavit, senza perdere, per questo, la propria identità e filosofia" - ha raccontato Enrico Zanoni Direttore Generale di Cavit (foto di apertura). “La casa spumantistica con l’emblema dell’Aquila Reale racchiude in sé l’essenza del territorio, vanta una lunga storia e un’importante tradizione di qualità. Con l’acquisizione è iniziata una nuova era. Stiamo facendo molti investimenti sulla struttura, sui prodotti, sulla distribuzione e la comunicazione. Abbiamo obiettivi ambiziosi e siamo convinti che riusciremo a raggiungerli”. L’Aquila Reale è il simbolo del blasone Cesarini Sforza, ripreso anche dallo stemma araldico della città di Trento. Non è un caso che il marchio dorato sia stato scelto per rappresentare la gemma di Bacco della produzione firmata dallo "spumeggiante" e celebre brand. Le sue bollicine eleganti si fanno interpreti della filosofia aziendale in cui l’attenzione per il terroir, la progettualità e l’interpretazione sono le basi su cui tutto poggia. L’Aquila Reale Riserva nasce nel 1986 dal desiderio di realizzare un Metodo Classico capace di racchiudere in una straordinaria tiratura limitata la magnificenza di questo luogo. Nel 2001 diviene un autentico Cru, accentuando le sue caratteristiche di esclusività, pregio ed eccellenza. Il vigneto di Maso Sette Fontane, da cui provengono le uve, si trova a una quota di 500m slm in Valle di Cembra. Il vero plus di questo evento è stato il food pairing creato dallo chef Alessandro Gilmozzi, uno dei più abili interpreti del  Trentino che da anni crea una cucina in grado di far vivere una passeggiata olfattiva e gustativa, attraverso gli alpeggi, i boschi e le cime delle valli. Alessandro Gilmozzi è prima di tutto un uomo della montagna. La sua storia, la sua natura, la sua formazione sono profondamente legate ai luoghi montani che gli hanno dato i natali: Cavalese e la Val di Fiemme, quel settore di arco alpino che guarda alle Dolomiti come alla perla più preziosa. Dire che Alessandro ama la montagna è riduttivo, perché è la sua vita; nel corso degli anni è diventata anche il suo linguaggio. Il vocabolario espressivo del cuoco, il lessico dello chef e tutta la sua carica sono perfettamente integrati nella vita di montagna, con rispetto, schiettezza e profondità. Non solo le essenze, gli animali e i prodotti della montagna entrano nei suoi piatti, bensì ne costituiscono il nerbo e l’anima. Nel suo lungo percorso di vita e formativo, ha coltivato la passione per la lavorazione del legno, i cui frutti si vedono ancora nella realizzazione di coltelli e attrezzatura da tavola, così come nelle sculture del ristorante. "Mai routinaria, mai ripetitiva". Questo è il motivo urgente a cui si ispira Alessandro, sempre al lavoro per raccogliere nuove ispirazioni e generare nuove invenzioni attraverso uno studio continuo e intenso dei prodotti della montagna, da quelli più consueti fino all’esplorazione delle sfumature più ardite. Il legno, la pietra e il fuoco sono i fondamenti, mentre l’acciaio e la tecnologia sono gli strumenti del suo viaggio. Sapientemente guidati dall’enologo della cantina Andrea Buccella (4), abbiamo intrapreso un percorso a ritroso nel tempo, partendo dall’annata 2021 per giungere al 2001, in un viaggio esaltante degno dell’iconica data presente nel titolo del capolavoro del grande visionario regista Stanley Kubrick. Una vera odissea gustativa, oltre che nello spazio, tra le valli trentine. Dopo un aperitivo di benvenuto attraverso le riserve 2021 e 2018 fresche ma già compiute e complesse che chef Gilmozzi ha unito a dei macaron salati creati con la pasta “Felicetti“ (altra eccellenza del comprensorio), è stato un panino di segale al vapore con dello speck riserva speciale a condurci alle portate successive. Un vero capolavoro, l’abbinamento del 2015 con l’Ipotesi di torba, piatto dove Gilmozzi ha evocato i tempi in cui regnava la povertà in Val di Fiemme con la gente che, pur di sfamarsi, mangiava la torba col suo gusto terroso. Fortunatamente, quel periodo buio è un ricordo, come ha dimostrato il secondo piatto in accompagnamento al 2013: Aspiralotto (un formato di pasta di Felicetti) con lepre e verbena (5): la selvaggina viene trattata in modo da conservarne solo l’essenza del sapore con cui viene condita la pasta, un piatto a dir poco sorprendente. Il 2012 ha abbracciato un prelibato risotto alla cenere di pigna fermentata, quasi una passeggiata nel bosco. Le caratteristiche del 2010 invece eccole esaltate da un semplice pane e burro, ma di una qualità che non si dimentica. Il 2009 si è distinto per un carpione (che oltre ad essere una preparazione è anche il nome di un pesce tipico di quelle valli) al Ginbach Gin (6), mele selvatiche e levistico. Una cucina sensoriale, a tratti "onirica" che esalta ad ogni boccone. Il 2007 ha visto un piatto di reale di razza grigia alpina scottata in braci, topinambur e porri tardivi. Infine, le annate 2004, 2003 e 2001 insieme a una mozzarella di montagna, un pre dessert denominato Borderline, e un panettone di montagna con zabaione al pino mugo. Semplicemente esaltante!

Non possiamo che ringraziare sia Cesarini Sforza con i suoi spettacolari spumanti, sia Alessandro Gilmozzi che, a mio parere, meriterebbe ben più di una stella Michelin

 

 

Altre info:

 

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