Toscana, terra baciata dal cielo con tante aree a grande vocazione. Non solo, Chianti, Montalcino o Montepulciano, però… Sì, perché ci sono anche le etichette “non convenzionali”, di produttori magari meno noti, che hanno scommesso con fiducia sulla generosità di altre zone ugualmente vocate della regione, per espressioni al calice diverse ma dalla personalità distinta.
Ed è proprio qui che verte il nostro racconto, focalizzandoci su una realtà di Bacco che nasce in Lunigiana, a Fivizzano, in provincia di Massa Carrara. Il Monastero dei frati bianchi (1), questo il nome dell’azienda, che dal 2004, grazie alla determinazione e alla passione del titolare Giorgio Tazzara (2), opera, tra l’altro, una lodevole lavoro di recupero, implementazione e cura di vitigni storici autoctoni, la Pòllera e La Barsaglina. Dal 2019, inoltre, con l’entrata in società della famiglia Bernardini, vengono ulteriormente potenziate le attività di espansione dei vigneti: dopo “Monte dei Bianchi”, nasce il vigneto “La Rocca“.
7 ettari vitati inseriti in una terra con vallate e colline soleggiate su cui poggiano antichi borghi di rara bellezza, dove non mancano altresì vitigni internazionali, quali il Syrah ed il Merlot.
L’occasione per assaporare questi nettari, in particolare i due cavalli di battaglia in purezza a base di Pòllera e Barsaglina, è stato un mirabile wine pairing con i piatti della memoria, tra Toscana e Liguria, molto ben costruiti dallo chef Matteo Caccavo dell’Osteria del Pratellino a Firenze.
L’inizio è stato “battezzato” da una chicca gastronomica rara e di pregio: l’Ostrica rosa d’acqua dolce del delta del Pò (3). Una vera scoperta, più dolce della “sorella” salata, meno sapida e “cicciotta”, come amabilmente definita dal proprietario del ristorante Francesco Carzoli. Ebbene, matrimonio non poteva essere più azzeccato con il bianco Margine 2021 (Vermentino 50%, Albarola 20%, Durella 20%, Chardonnay 10%). Piacevole, dal carattere puntuale (4), questo vino perfetto per l’estate entrante, si svela al palato con note decise di frutta bianca, agrumi ed erbe aromatiche. Sapido e tanto, tanto fresco. Ottimo anche l’abbraccio sempre tra il Margine e una considerevole Zuppetta di cereali con le cozze (5).
Con il primo piatto, dei Testaroli pontremolesi olio e pecorino, squisiti nella loro semplicità, è stata la volta del Pòlleo 2020 (Pollera 100%, varietà autoctona della Lunigiana). Un rosso giovane, dal profilo contemporaneo, con notevoli potenzialità di sviluppo, “ancora tutto da evolvere”, come sottolineato dal proprietario, ciononostante fresco ed elegante, dai tannini morbidi. Nel calice, rosso scarico, rivela al naso sentori di frutta fresca e speziato finale.
Il servito di carne, le Tomaselle, involtini di maiale in salsa della tradizione genovese, ha incontrato la buona struttura e complessità dell’altro must in purezza dell’azienda, il Barsarè 2020 (Barsaglina 100%, vitigno autoctono della provincia di Massa Carrara). Un vino rosso con una sua intensità già in essere, forse ancora giovane, ma dallo spessore e di un’ottima profondità gustativa, evidenti al primo sorso.
La più che apprezzabile degustazione ha visto in chiusura, uno splendido sodalizio tra il Peposo (6), buono da creare dipendenza e un vincente calice di Deir 2018 (Syrah 60%, Merlot 40%). Blend internazionale di indubbia espressività, con un corpo importante e al contempo di gradevole beva. I tannini maturi conferiscono pienezza e persistenza gustativa.
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