Gote rosse, barba in libertà, occhi di un azzurro profondo e tanta determinazione mista a capacità di adattamento che non è da tutti. Lui è
Marco Rossetti (1), un tempo meneghino, dal 2015 al timone di un progetto “folle” come lui stesso ama definire, per la produzione di
vino in quel di
Levigliani, dinamico borgo delle
Apuane a soli 25 chilometri dalla glamourous
Forte dei Marmi. Un vino, il suo, che punta a un’espressione autentica di un
territorio di respiro montano e marino al contempo.
Casale alle Piane, questo il nome della giovane tenuta vitivinicola (2) che ha da pochissimo battezzato la prima
etichetta di
rosso,
Ouverture (3).
Ma riavvolgiamo per un attimo il nastro e conosciamo da vicino gli sforzi, la sfida, il coraggio di questo gentleman vestito da contadino (vi sfido ad incontrarlo all’enoteca Pinchiorri di Firenze, giacca e cravatta indossati come fosse appena uscito da Pitti Uomo).
Filosofo di formazione con una laurea in tasca e una tesi sugli aspetti della comunitarietà, qualche esperienza in ristoranti stellati come sommelier e poi il vero coup de foudre: Bacco non più narrato agli altri ma da lui creato e una strada se pur affascinante, tutta in salita.
Filosofo sì, intervistarlo, però, di persona e poi anche al telefono non fa che confermare un’indole profondamente oggettiva, concreta, con punti fermi e idee ben calibrate. Il tutto raccontato con un verbo preciso, sicuro ed empatico.
“Il casale di famiglia nel paesino di Levigliani dove ho trascorso parte dell’adolescenza, diventa l’inizio dell’avventura eroica. C’era pochissimo terreno annesso e oltretutto poco curato, per cui la mia prima e grande scommessa è stata quella di includerne altro. Quasi tre anni e 100 contratti d’affitto, facendo capire alla comunità che non giocavo e che il mio obiettivo oltre che sul rispetto, era costituito sul desiderio di fare meglio per tutti” (4). Ed ecco il concetto di
comunitarietà che ritorna come per destino, di più, assurge a leva fondante su cui costruire il suo sogno. Fatti non parole. Marco diventa parte stessa della comunità a 360°, promuovendo, tra l’altro, il sistema turistico di
CorchiaPark (5) che tratta le meraviglie del comprensorio.
E venne il primo “figlio” della vigna (6). Quest’anno per l’esattezza, imbottiglia il primo rosso (si spera) di una serie più ampia, Ouverture, la cui etichetta trae ispirazione da un manifesto del teatro alla Scala di fine anni ’70 dove “il vino è l’opera e Marco Rossetti il direttore d’orchestra”. 80% Pinot nero e 20% Riesling - “ha fatto solo acciaio” - continua Marco - “per tirare fuori il carattere della prima annata ed esprimersi in modo più schietto, senza l’interazione di altri materiali”.
Psichedelico, ama chiamarlo il suo ideatore, alla vista è rosso ma al palato ha dei caratteri che ricordano il bianco: “se si ha la pazienza di tenerlo un pò nel calice, dopo croccantezza e tanta frutta, escono vari sentori tipici della costa, come il salino, la macchia mediterranea, qualche nota balsamica di elicriso…”.
Indubbio. É solo l’esordio di un viaggio bellissimo e complesso dove madre natura spesso detta regole anche critiche ma tant’è. Qui la musica non è finita (ricalcando al contrario una nota canzone della Vanoni), è un’Ouverture, appunto e “questi primi nettari hanno già in sé temi e motivi che saranno il fil rouge delle bottiglie future”.
Noi ci crediamo, pronti per la prossima annata…
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