A Siena, al Santa Maria della Scala, da domani è in mostra, fino al 4 giugno, un progetto fotografico di forte impatto emotivo: "Ten Years and Eighty-Seven Days/Dieci anni e ottantasette giorni" (1) di Luisa Menazzi Moretti (2). Bellissimo e struggente, di profonda riflessione, racconta, attraverso 17 fotografie di grande formato (esposte come opere singole, dittici e trittici) e 9 testi tratti da lettere e interviste, le vite sospese dei prigionieri del braccio della morte del carcere di Livingston, vicino ad Huntsville, in Texas (3 - 4). Da qui, anche il titolo - Ten Years and Eighty-Seven Days/Dieci anni e ottantasette giorni - che indica il tempo medio di attesa di un condannato a morte, in solitudine, fino al momento dell’esecuzione.
“Da anni avevo dentro i germi di questo progetto. Sapevo che prima o poi si sarebbero manifestati. Era parte di me”. Ha dichiarato l'artista in conferenza stampa (5). La Menazzi ha vissuto in Texas, non lontano dal carcere, e ancora oggi vi soggiorna per lunghi periodi. Un territorio che conosce da vicino, così come le sue dinamiche a volte “incomprensibili”, nonostante sia un modello di democrazia liberale, ricco ed evoluto. Una scelta, quella della rassegna fotografica, dettata anche dal fatto che questo grande stato registra il maggior numero assoluto di esecuzioni negli Stati Uniti e nelle nazioni democratiche del mondo occidentale.
Un notevole lavoro di astrazione, di pensiero, che si sofferma sull’essenza di queste vite “non vite”, dandone forma visiva, partendo dalle parole scritte attraverso le quali i condannati si raccontano, descrivono emozioni ecc. Testi che narrano non tanto di morte ma soprattutto di vita. La vita nel braccio della morte, appunto. Un’esistenza al limite dell’atrocità, dove gli individui - in particolare ragazzi tra i 18 ai 24 anni che, spesso, hanno vissuto nel ghetto, senza conoscere la loro famiglia - trascorrono le giornate in totale solitudine, senza mai sfiorare i loro loro cari, neanche prima di morire. Costretti a spazi claustrofobici (6 - nella foto misura reale della cella), non possono guardare la tv. Ma ciò che sconcerta più di tutto è che non è previsto nessun piano di recupero. Carne morte, questo è ciò che sono (7). Negazione totale dell’essere umano, dove l’unica concessione è una radiolina, ma solo dopo evidente e provata buona condotta.
Certo, alcuni di voi, obietteranno che sono “colpevoli” (e comunque non sono mancati casi negli anni di esecuzioni di innocenti, dichiarati tali solo post mortem) ma “come può uno Stato decidere sulla vita e la morte dei propri cittadini?”. Le parole di stupore di Bruno Valentini, Sindaco di Siena sono assolutamente condivisibili. E del resto, proprio in questa civile terra di Toscana fu per prima in Italia abolita la pena di morte. Lo stesso Beccaria, poi, si fece antesignano dei valori di dignità umana nell'espiazione di una pena giusta. Le opere della Menazzi, oggi, fanno riflettere sulla follia dell’esecuzione capitale. E ci comunicano “le emozioni non di reietti a scadenza, ma di esseri umani che, nonostante tutto, esistono” - come ben sottolinea Daniele Pitteri, direttore del Museo.
Una mostra da vedere, dar far propria e non dimenticare. Come molti tra questi volti e parole. (8 - Nel video l'artista mentre spiega alcune sue opere esposte).
"Ten Years and Eighty-Seven Days/Dieci anni e ottantasette giorni" è prodotta dal Complesso Museale Santa Maria della Scala con la collaborazione dell’Istituto Italiano di Cultura di Berlino. Patrocinata, inoltre, dal Comune di Siena con il supporto organizzativo di Opera-Civita.
Il catalogo è edito da Contrasto.