Living & Convivi :: 17 mar 2017

salone del mobile, il vetro e MURANO

Intervista al mastro vetraio Paolo Donà

Prossimi al Salone del Mobile 2017 e Euroluce, abbiamo deciso di fare un focus sul vetro, materiale tra i più antichi ma anche il più moderno e versatile per l’oggettistica (1), l’interior e l’edilizia contemporanea. Siamo approdati a Murano per scoprire i segreti della lavorazione di quest’affascinante elemento, dove design, manualità, artigianato e spesso arte si fondono. Abbiamo incontrato Paolo Donà (2), esperto maestro vetraio. Una lunga carriera alle spalle che lo ha portato a collaborare con diversi designer per la progettazione e la realizzazione dei più svariati oggetti (3). Dai corpi illuminanti di foggia veneziana, alle classiche penne stilografiche. Passando per la ville lumière, con uno dei lampadari che decorano il negozio di Fendi di Avenue Montaigne.

1) Ci parli della sua giornata tipo?
Credo che la giornata tipo di un artigiano vetraio non sia molto diversa da quella di artigiani che lavorano in altri settori: probabilmente la differenza per noi di Murano consiste nel lavorare in una piccola isola, dove incontri al lavoro le stesse persone che trovi poi per strada, al bar, a casa di amici... Proprio per questo penso sia essenziale andare un po' al di là dell'ambiente in cui si lavora, un pò limitante, per riuscire a vedere le cose con un'ottica personale e per progredire.


2) Qualche case history importante degli ultimi anni?
Collaboro spesso con designer e architetti che si rivolgono a me perché hanno bisogno di qualcuno che conosca a fondo i materiali e le tecniche di lavorazione. Mi sono trovato spesso davanti a sfide difficili, ma anche molto interessanti e stimolanti. Le soddisfazioni personali non mancano, ma devo confessarti che spesso il merito viene attribuito solamente a chi ha ideato il progetto.


3) Qual è la fase più critica che può mandare all’aria mesi di lavoro?
Quando si lavora il vetro ogni fase di lavorazione è critica. Può andare tutto bene mentre stai modellando una forma a caldo (800°- 900°); riesci a terminarla con soddisfazione e la metti nel forno di ricottura dove si raffredda lentamente. La mattina dopo però può capitare di ritrivarla in pezzi, senza motivo. Oppure, può succedere che mentre lucidi un oggetto finito, questo si rompa nelle tue mani, nonostante tu abbia usato tutte le precauzioni necessarie, a causa di un leggero shock termico. Chi lavora in questo campo sa che è il vetro a dettare le leggi e fino alla fine del processo produttivo non può stare tranquillo. Il vetro ti impone dei limiti che non si possono trascurare. La sua stessa natura fisica inganna: non si tratta di un materiale solido ma di un liquido allo stato superviscoso, come un olio talmente denso da sembrare solido. Le molecole che lo compongono non sono trattenute tra loro in un reticolo cristallino, ma sono libere e ad alte temeprature (500°-600°) si muovono rendendolo fluido, per poi risolidificarsi a temperature inferiori.

4) Ci sino differenze tra il nostro modo (italiano) di lavorare il vetro e quello francese?
Il vetro classico muranese è lavorato "a mano volante", soffiato o trattato in blocchi massicci ma sempre a mano libera con l'ausilio di poche elementari attrezzature (4). I francesi si sono specializzati nelle lavorazioni a stampo e nelle finiture mediante sabbiature, molature o acidature. Non a caso, per descrivere un oggetto lavorato completamente a mano, usano “à la facon de Venise". A distinguere la produzione dei due paesi è anche l’uso dei colori. In Francia vengono normalmente utilizzati vetri incolori o monocolori, mentre noi adoperiamo spessissimo vetri policromi. I maestri muranesi riescono infatti a ottenere un gran numero di colori compatibili tra loro (5). Devi sapere che la colorazione deriva dall'utilizzo di ossidi metallici che allterano le caratteristiche fisiche del vetro. Più colori si utilizzano e maggiore è il rischio che non ci sia una omogeneità di comportamento, ed è più probabile che il prodotto alla fine si rompa.


5) Ci sono giovani interessati a imparare questo mestiere o è un’attività che sta andando a morire?
Recentemente è stata riaperta proprio a Murano una scuola per l'insegnamento delle tecniche vetrarie. Per il momento sembra interessi ai ragazzi che vengono da altre città, addirittura dall'estero, più che ai muranesi. Penso che le vecchie generezioni, entrate in questo settore molti anni fa, non abbiano incoraggiato i propri figli a continuare un mestiere che non riesce a dare le soddisfazioni che dava un tempo. Se a questo aggiungiamo che la forza lavoro a Murano negli ultimi 15 anni si è ridotta a un decimo, passando da 5000 addetti a 500, possiamo capire perchè il settore non attragga più così tanti giovani.


6) Che impatto ambientale ha la lavorazione del vetro sul territorio?
La produzione del vetro richiede l'uso di materiali chimici e, nella fusione, molti si volatizzano e tendono a diffondersi nell'aria. Alcuni di questi (arsenico, piombo, cadmio ecc. ) sono molto nocivi per la salute e richiedono quindi dei sistemi di messa in sicurezza. Negli ultimi anni molto si è fatto per rendere gli ambienti di lavoro più salubri, trasferendo però il problema all'esterno, mediante aspiratori molto potenti. La questione rimane quindi aperta per chi a Murano vive e respira un'aria che certamente non si può definire completamente pulita. In certi periodi le misurazioni di ARPAV hanno evidenziato concentrazioni di arsenico centinaia di volte maggiori ai limiti suggeriti dalle leggi europee. Da giugno scorso, l'utilizzo di questo minerale è stato praticamente proibito. Tuttavia la sua presenza nell'aria non si è azzerata.


7) Dove mangia a pranzo un vetraio a Murano?
Fino a qualche anno fa per gli addetti al vetro esisteva una mensa centralizzata che distribuiva i pasti da consumarsi all'interno delle fabbriche stesse. Visto l'enorme calo della domanda, questa non aveva più ragione d'esistere e ha chiuso. Chi non abita a Murano (6) deve trovare qualche soluzione alternativa. Un panino al volo o qualche prelibatezza veneziana in uno dei locali della zona.

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