Alberto Borin e Claudia Gamberucci, marito e moglie, imprenditori e, forse, anche un pò visionari, insieme, fanno centro nel settore dei white spirits, creando un Gin che non ti aspetti, Upperhand, irlandese e dal cuore italiano. Il bilanciamento dei sapori appartiene a Claudia con un ampio background nel settore vini, mentre la forza dell’immagine è materia di Alberto, ex campione di judo, che da subito sceglie il color Tiffany per la veste della bottiglia del loro nuovo distillato (1).
Ma andiamo per gradi…
Giusto tre anni fa, poco prima dell’inizio della pandemia, prende vita il progetto che, nonostante inevitabili stalli dovuti al momento storico delicato, non si ferma mai totalmente, riprendendo da poco, in verità, la conquista dei mercati che, ad oggi, ne contempla già una decina. Il sapore della sfida, potremmo dire, riservando un plauso a chi questa scommessa non ha smesso di giocarla, con determinazione e coraggio (2 - Da Dx, Alberto Borin, Claudia Gamberucci, Livio Carrubba) .
Per una come la sottoscritta che il gusto del bello c’è l’ha nel DNA, la particolarità del packging seducente, salta all’occhio anche se non si è cultori del settore. Da 50 cl, numerata, è oltremodo impreziosita da un’etichetta che sottolinea i valori del brand con una grafica chic e contemporanea al contempo. Semplicemente riuscito, che si tratti di un acquisto emozionale oppure no, attira lo sguardo. E, nell’universo variegato dei gin, un’estetica che lascia il segno è già un primo passo per la vittoria. All’altezza del contenuto, mi sento di aggiungere e capirete il perché.
L’occasione per godere questo distillato versatile e genuino, una serata di pairing sulla terrazza “segreta” del Panorama Restaurant, a Firenze. Qui il giovane chef catanese Salvo Pellegriti ha creato un menù per esaltare le quattro botaniche – aneto, limone, basilico e naturalmente ginepro – che compongono la base di Upperhand. Dall’anima squisitamente gastronomica, il Gin ha spostato le diverse portate, ogni volta, ripensato in mix diversi dal bartender trevigiano Livio Carrubba (3). Un percorso sensoriale interessante e stimolante fatto di continui richiami tar il bicchiere e il piatto, confermando la vocazione di questo white spirit non solo come ingrediente chiave nella preparazione di cocktail, ma anche come drink a tutto pasto.
Ecco l’aneto quindi che, in un carpaccio di ombrina (4) dry age con mela verde, gin e granita di aneto appunto, ha abbracciato con grande equilibrio e piacere il Gin Morning baby, “una rivisitazione estremizzata del Red Snapper” - ha precisato il bar tender veneto. Upperhand, acqua di pomodoro resa quasi trasparente con nota sapida che chiama sia il frutto che la foglia del pomodoro.
Non da meno la portata successiva, il risotto (5). E che risotto mi sento di aggiungere da meneghina DOC! Al limone di mare con limone alla brace e sedano croccante. Splendido al palato. Un piatto complesso che Livio ha pensato di valorizzare con un cocktail più soft, Ginto, una sorta di perfect serve del gin tonic. Upperhand, scorza di limone, tonica dal basso carico zuccherino ed è stata subito gradevolezza. La quadra di gusto tra suggestione gastronomica e il distilled dry gin artigianale si è conclusa con due portate sempre di alto livello: il pesce cotto alla coque, insalata di taccole e susine confit con panna acida al ginepro e l’epilogo in dolcezza con pomodoro, fragole e basilico (6).
Anche liscio questo gin ci ha convinto: vuoi per l’eleganza ma sopratutto per sincerità di sentori balsamici. Cristallino, comunica da subito l’intenso aroma di ginepro insieme a pennellate agrumate, per finire con netti sentori di basilico e aneto. Fuori dai soliti schemi, affascina. E “sovrasta”, come il suo nome.
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