Vigneti come giardini o meglio come un grande giardino del Chianti Classico. Questo, in poche parole, ciò che riserva la maison Vignamaggio con i suoi 400 ettari tra Greve e Panzano in Chianti (1), patrimonio condotto a regime biologico che si integra con il paesaggio circostante all’interno di una visione dove la diversificazione è al centro. C’è infatti sua maestà il vino, assoluto re del vasto progetto aziendale, ma anche la cura del bosco, gli uliveti, i cereali, gli orti, una futura tartufaia, l’allevamento di maiali di Cinta Senese e di pecore e, naturalmente, l’ospitalità di livello con prodotti della tenuta, dove i diversi vini diventano ambasciatori del “buon vivere toscano”.
La biodiversità regna sovrana, sostenuta e accudita da tempi immemori dalle varie famiglie che hanno preso a cuore quest’azienda agricola tra le più antiche d’Italia. Oggi la proprietà è di Patrice Taravella, celebre architetto di giardini che, dopo aver girato tutto il mondo, arriva proprio nel Chianti in questa gigantesca possedimento, facendone un’espressione policolturale capace di produrre gemme di bacco, cultura ed emozioni.
E qui, nella culla del vino che tutto il mondo ci invidia, abbiamo potuto assaporare dei nettari che sono la manifestazione autentica di chi ha saputo scommettere con fiducia sulla generosità di questi suoli: sono ben 65 gli ettari di vigneti (2) che regalano espressioni diverse e molto interessanti. Lo sa bene l’agronomo Francesco Naldi (3) al timone da oltre trent’anni del delicato e difficile lavoro nei vigneti - la maggior parte dei quali ubicati nell’Alta Valle della Greve - che ci ha accompagnati in una ricca degustazione (4) tra punte di eccellenza e altre più complesse secondo l’annata di riferimento.
Ottima annata (in contrapposizione al Covid da dimenticare). Vino giovane, 100% Sangiovese, molto piacevole nella sua natura di vino d’entrata. Il sorso netto e preciso; Il tannino disciplinato lo rende versatile a tutto pasto. Da bere gioiosamente.
“Interessante come i vitigni in biologico tirino fuori le loro peculiarità di vitigno, così il Sangiovese è più Sangiovese, il Merlot è più Merlot” - ha dichiarato Naldi.
Sangiovese con un tocco di Merlot: entrambe le uve affinano a lungo in botti e barrique di rovere. Di buon corpo, si rivela moderatamente avvolgente.
Da applauso, senza se e senza ma, merita il 2015: alla base una grande annata di indubbio equilibrio, ne consegue un nettare magistrale al palato, corposo che tiene splendidamente il frutto e vanta una struttura tannica molto ben eseguita. L’eleganza lo contraddistingue a ogni sorso.
Ode al vino 2006 definito dallo stesso agronomo “equilibrio e gioventù”. Tannini raffinati e setosi. Il gusto è pieno e fresco. Finezza ed eleganza le sue sue carte vincenti.
Anche il 2019 si manifesta al primo sorso come agile, morbido, dal gusto definito e con un tannino già quasi in equilibrio.
Vini, tutti, se pur diversi fra loro, con uno stile proprio, una personalità puntuale e dalle sfumature molteplici. Inconfutabili figli dell’amore per il lavoro ben fatto (6).
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