Prima di diventare l’astiosa e risentita polemista di “La Rabbia e l’orgoglio”, Oriana Fallaci (1), senza alcun dubbio la più coraggiosa e “disubbidente” giornalista-scrittrice italiana, la più pungente, la più efficace, era anche amatissima. E a mezzo secolo da quell’anno che cambiò la maniera di percepire, pensare, vivere di un’intera generazione, un libro straordinario rende giustizia a un’anima inquieta. Persino chi non ha per nulla approvato quel moto d’odio che la pervase dopo l’11 settembre 2011, potrà perciò ritrovare, nelle pagine di 1968, le tracce di una sincerità e di un vigore unico, tutto suo. Di quell’anno indimenticabile e mai terminato, la Fallaci, nata, ricordiamo nel 1929 e scomparsa nel 2006, fa scorrere parole, pensieri, massime e visioni, come neppure il più suggestivo dei film saprebbe fare. La guerra in Vietnam e Ho Chi Minh, la lotta di Praga e Bob, sì lui, Bob Kennedy che muore, il massacro in Piazza delle Tre Culture a Città del Messico, che la vide protagonista, e persino ferita: Oriana era lì, in mezzo alla gente, a raccontare e a raccontarsi. Perché tutto si potrà dire di lei, tranne che non abbia narrato i fatti in prima persona, prendendosi rischi e responsabilità. C’è chi l’ha bollata di fascismo – ma fu, da ragazza, partigiana - chi di “politically incorrect”, perché “interrogò” anziché intervistare i grandi della terra, a cominciare da Arafat: il fatto è che lei è sempre stata dall’altra parte, perché la verità - ammesso che ne ve ne sia una – è spesso il contrario della narrazione comunemente condivisa.
Ed è giusto allora che anche i suoi nemici leggano questo libro inedito, questo racconto di quell’anno cruciale, questo volo radente per il mondo, un mondo che viveva le sue rivoluzioni, le sue contraddizioni, i suoi delitti. eppure con una sincerità e tante speranze che oggi abbiamo perduto. Forse non è mai troppo tardi per rendere merito a una donna unica e certamente scontrosa, polemica, toscana, anzi fiorentina, davvero in tutto e per tutto. Se non fosse che no, davvero, non va considerata una donna sconfitta nonostante quella malattia che la fiaccò e poi portò alla morte, sarebbe giusto dire, come un tempo si diceva, che meriterebbe davvero“ l’onore delle armi”, anche da parte di coloro che, e non sono pochi, l’hanno cordialmente detestata.
Oriana Fallaci, 1968. Dal Vietnam al Messico. Diario di un anno cruciale, Rizzoli, Milano, 2017, Pp. 458, 20 euro (2).