Ma che sport meraviglioso è il calcio (1)?
Sei una squadra mediocre - così dicono - con soltanto una chance: che Ronaldo, il miglior giocatore al mondo, possa farti vincere con una sua prodezza. Lo psicodramma si consuma dopo venti minuti, CR7 è fuori, infortunato.
La Francia ha un popolo che la sospinge, gioca in casa, è forte, vanta tanti fenomeni, ha il pallino sempre in mano.
Ancora, il Portogallo è la nazione perdente per antonomasia, non ha mai alzato nessuna coppa e, particolare importante, non ha altri attaccanti che possano segnare.
E invece segna Eder, una punta forte e di movimento, protagonista davvero inaspettato.
Si compie un trionfo, mentre la Francia tutta si dispera. Il calcio, solo il calcio sa regalare gioie, letture, dolori così grandi, così istruttivi; solo il calcio unisce popoli, cuori, sentimenti in questa maniera.
Allora esulta Lisboa antigua, esulta Belem, esultino le glorie marinaresche, le statue dei conquistadores, la vittoria arrivi ad allietare le taverne dell’Alfama, del fado e della gingjinha…
Lacrime di dolore (Ronaldo), di frustrazione (ancora Ronaldo al momento dell’uscita dal campo), di dolore (i francesi che hanno perso e non ci credevano e magari, per com’è stata la partita, non lo meritavano neppure) e infine di gioia (i portoghesi, con in testa sempre Ronaldo).
L’euro delle sorprese si chiude nella maniera più illogica, anzi logica: sovvertendo regole e pronostici, restituendo ai lusitani quel trionfo che si aspettavano nel 2004 quando persero inopinatamente, in casa, contro la Grecia.
È tutto. Vince il Portogallo, vince Ronaldo – pur non avendo giocato, la sua “vicinanza” alla squadra ha caricato i suoi, è stata decisiva – vince un allenatore, Santos, schivo eppure bravissimo, vince un popolo intero. E oggi quel popolo sofferente può gioire, quel popolo di emigranti in America, nel resto d’Europa, a Parigi.
Ma che cosa vi perdete, voi che dite di non amare il calcio?