A Milano c'è un nuovo locale che sorprende. Stiamo parlando del neonato Spica, ristorante da poco inaugurato in via Melzo 9, nel cuore di Porta Venezia (1).
Capitanato da due chef molto speciali - l’indiana Ritu Dalmia e l’italiana Viviana Varese (stella Michelin con VIVA di Eataly), punta su tre fattori fondamentali: internazionalità, ricerca e convivialità a tavola. Un vero inno alla diversità e al multietnico, il percorso gastronomico spazia attraverso quattro macro-aree geografiche: Sud-Est Asiatico, Sub-continente Indiano, Europa, Americhe. Per ognuna di queste, le chef hanno individuato i loro piatti del cuore, selezionati in anni di viaggi, per riproporli in due tipologie, piattini da condividere e piatti principali. Le proposte spaziano così dai dim sum in pasta cristallo e bao dalla Cina a insalate thai, zuppe birmane e ramen in stile giapponese; dai samosa del Rajasthan alle gustose “cocas mallorquinas”, che introducono all’Europa; dalle tortillas, nachos e ceviche, che fanno fare un salto di migliaia di chilometri verso Messico e Perù, alle bbq ribs, uno dei piatti più golosi degli Stati Uniti (2 - 3 - 4). Il mondo nei piatti, quindi, ma anche nel layout grazie al progetto di interior, firmato da Vudafieri-Saverino Partners: varcando la soglia si respira un inedito mix tra suggestioni delle culture asiatiche e omaggio ai maestri del design meneghino del XX secolo. Il risultato? Atmosfera vibrante dai colori accesi in chiave cosmopolita che si incontra con i segni e le influenze estetiche dei grandi Maestri del Design milanese. Così si evince la passione per l’India di Ettore Sottsass, e l'eleganza e il rigore del movimento moderno di Franco Albini. I clienti sono accolti all’ingresso da un imponente bancone di 8 metri che si ispira ai bar milanesi anni ’60 con il suo uno sfondo di vetro anticato, il piano in ottone polverizzato e la lunga bottigliera sospesa per la cocktail station. Le poltroncine, così come gli sgabelli del cocktail bar, sono state realizzate da un’azienda indiana e rappresentano un omaggio a Franco Albini, rievocando le forme della sua celebre sedia Luisa (5).
Le grandi lampade realizzate su disegno di Andrea Anatasio rievocano la forma di strumenti agricoli tipici indiani, mentre il mobile adibito a service station crea un suggestivo angolo con il pavimento in legno e le piante su ghiaia, dando la sensazione di trovarsi in un piccolo giardino.
Colonne e pareti sono arricchite dalle opere di Jaco Sieberhagenc: l’artista sudafricano ha realizzato una serie di sagome in metallo verniciato nero e tagliate a laser, che rappresentano con ironia i simboli della cultura italiana, dalla moda al design, dall’industria alla gastronomia. Anche il bagno (6) si distingue per l’atmosfera fresca e colorata, con il lungo lavabo dalla vasca unica e scocca in laminato e gli iconici specchi Seletti.
Insomma, un'affascinante trasvolata al palato di paesi lontani e non solo...
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