Food :: 15 dic 2017

Una stella di Sardegna: incontro con lo chef Stefano Deidda

Incontro lo chef Stefano Deidda (1), docente Alma, associato di JRE e stella Michelin Dal Corsaro di Cagliari, un locale che ha visto generazioni di gourmet e amanti della buona tavola avvicendarsi nel quartiere de La Marina, prospicente il porto, con quel mare inconfondibile, dai colori incredibili, che forse solo la Sardegna sa esprimere. Il locale sorge nella zona della movida della città, testimone dei grandi cambiamenti in atto nel tessuto urbano e sociale: Cagliari ormai è una delle mete turistiche più accreditate nel Mediterraneo, dove stanno spuntando come funghi b&b, botteghe, ristoranti e bar. Molti aprono e chiudono in meno di un anno, Dal Corsaro è sempre lì, ed è una certezza.

AG: Stefano (2 - nella foto con lo chef Luigi Pomata) lei è l’unica stella Michelin a Cagliari, in Sardegna condivide questo ambito riconoscimento con Roberto Petza, che sta a Siddi (Ca). È un rappresentante dell’alta cucina, che cosa significa questo termine?

Stefano Deidda: Quando parliamo di cucina non è corretto parlare di cucina di serie A e di serie B, come il termine alta cucina sembra voler rappresentare. Infatti, quella che viene chiamata in gergo “alta cucina” non è altro che una cucina intelligente, se vuole le spiego meglio…

AG: Certo, volentieri.

Stefano Deidda: La cucina cosi detta tradizionale altro non è che frutto di secoli di storia, parlo di contatti, contaminazioni con altre culture, di evoluzione sociale propria di ogni territorio, ma anche espressione della flora e della fauna locali; la cucina contemporanea, dopo aver vissuto un suo periodo glocal, ovvero global ora si sta facendo local, sempre più espressione del territorio nel quale si esprime. Quindi mentre la cucina tradizionale è espressione di una evoluzione sociale sulla base degli elementi che ho citato, la cucina moderna si sviluppa in modo differente. Oggi la scienza, la diffusione delle basi della chimica e della fisica applicate al mondo della cucina ci permettono di svilupparla in modo differente.

AG: Quale il ruolo della tradizione allora?

Stefano Deidda: Non si rinnega la cucina tradizionale perché è un patrimonio da salvaguardare, anche dalle varie storture e reinterpretazioni che spesso con arroganza portano a snaturarla, mentre con la cucina contemporanea si procede studiando il territorio e i suoi prodotti utilizzando in cucina tecniche e tecnologie che ci permettono di lavorare con i prodotti per rispettarne ed esaltarne le caratteristiche organolettiche.

AG: Volendo citare Walter Benjamin: l'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica… Così non si rischia di ottenere un prodotto standardizzato, anche in cucina?

Stefano Deidda: No, non bisogna dimenticare che la cucina, quella intelligente, è espressione tanto di un territorio quanto del suo autore. Ogni chef, secondo la propria sensibilità e ciò che decide di trasmettere in un elaborato gastronomico, approderà a differenti risultati.

Siamo debitori sia della nouvelle cuisine, che ha svecchiato la cucina, parliamo di ancienne cuisine con salse e condimenti troppo ricchi di grassi, di fondi dagli interminabili tempi di cottura, e di un uso smisurato delle spezie.

Siamo anche debitori della cosiddetta cucina molecolare, che non vuole essere una spasmodica destrutturazione degli alimenti ma costituire approccio di carattere scientifico e, ripeto, intelligente, che insieme al processo creativo, fanno della cucina moderna quella che è oggi.

Un valore molto importante della cucina moderna è e sarà sempre di più l’etica, intesa come riduzione di spreco e di scarti, di prodotti un tempo considerati poveri ma di estrema freschezza, in luogo di prodotti universalmente percepiti come di lusso, l’elaborazione di menu e piatti studiati e bilanciati dal punto di vista nutrizionale.

AG: Vedo grossi cambiamenti nella Carta dei ristoranti: perché è cambiato lo stile di vita, i tempi da dedicare al cibo, i valori attorno ad esso?

Stefano Deidda: Sì, al giorno d’oggi si sviluppano diverse tipologie di ristorante in virtù delle mutate esigenze dei clienti, quelle che mirano a soddisfare un bisogno primario, nutrirsi, e quelle che invece vogliono lasciare spazio ad una esperienza sensoriale complessa, completa.

A tale proposito in virtù del fatto che si vuole raccontare una storia e far vivere una esperienza sensoriale la carta oggi viene sostituita da percorsi degustazione nei quali si declinano più prodotti; in questo modo l’offerta si esplicita in un vero e proprio racconto nel quale ogni piatto è legato al precedente e al successivo, come in una narrazione.

AG: cosa immagina per il futuro della cucina contemporanea nel prossimo futuro?

Stefano Deidda: La cucina è frutto ed espressione del suo tempo, quindi è difficile indicare con precisione dove approderemo, ma possiamo fare delle previsioni. L’aumento della popolazione ci pone di fronte all’esigenza di trovare fonti di cibo alternative, anche da sostanze considerate sino ad oggi tabù in Occidente. Lo studio e la lavorazione degli insetti, molto interessanti dal punto di vista nutrizionale, potrebbe essere una via da percorrere. Ciò non vuol dire che da oggi in poi nei ristoranti o a casa mangeremo insetti ma che questa è una delle strade che potrebbero essere battute e che di fatto oggi è già realtà in altri contesti culturali e geografici.

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