“Viviamo circondati da cose” – è l’incipit del libro – eppure nessuno aveva pensato di scrivere una storia degli oggetti. Di quei beni materiali che sono diventati, a seconda delle epoche, delle latitudini, delle mode, delle possibilità, i nostri oscuri (neanche tanto) oggetti del desiderio. Quella dello storico inglese Frank Trentmann è una ponderosa ma appassionantissima riflessione sul nostro moderno mondo materiale e soprattutto sul consumismo, fenomeno quest’ultimo che risale a un tempo ben anteriore rispetto a quel che abbiamo sempre creduto. L’excursus è documentatissimo, avvincente e ampio, nel tempo e nello spazio, tra le merci e le ideologie: si va dall’America alle Indie Orientali, dal baratto al consumo etico, dagli Imperi alle città, dalle associazione delle casalinghe ai desideri dei bambini. Con il caffè, il tabacco e il cotone - e persino le porcellane cinesi - a trasformare il nostro modo di vivere e di pensare, ben prima di Internet. Oggi ci sono gli oggetti per la casa, i vestiti, le auto confortevoli e veloci e, ovvio, gli oggetti tecnologici a farci perdere la dimensione del reale. O forse no, perché è proprio di questo che si sta parlando di realtà, di materialità, di oggetti. Una vera e propria storia universale insomma, vista da una prospettiva nuova e originale, ma straordinariamente decisiva per le sorti del nostro pianeta. Vi è spazio, naturalmente per un accurato esame di quell’impero “dell’irresistibile”, che, a partire dal 1945, ha dettato canoni estetici e codici comportamentali e che, inutile dirlo, veniva dall’America.
La riflessione forse più importante è quella che riguarda il consumo, meglio, l’elevato e crescente livello di consumo, come indiscusso ideale culturale. E questa percezione non è patrimonio soltanto dei regimi totalitari o delle società definite, appunto, “consumistiche”, ma anche, nonostante il paradosso, dei paesi socialisti, dove peraltro erano diverse le modalità con le quali questi beni venivano erogati.
Può apparire certamente curioso che in un momento in cui si fa un gran parlare della “dematerializzazione” – con la rete che spopola, la rinascita del piacere di riparare gli oggetti, l’ascesa massiccia dei servizi – appaia nelle librerie un testo così importante e denso, capace di riportarci a una realtà per certi versi drammatica. Dobbiamo liberare noi stessi e il mondo da una quantità infinita di oggetti. Eppure, è questo l’avviso dello storico britannico, “è un errore fondamentale tracciare una linea netta fra le cose e le emozioni”. Il possesso, lo sappiamo è un veicolo di identità personale, di memoria e, appunto, di emozioni. Guai a pensare di farne a meno a cuor leggero.
Frank Trentmann, L’impero delle cose. Come siamo diventati consumatori. Dal XV al XXI secolo, Einaudi, Torino 2017, pp. 940, 40 euro.