Buttate via quelle mappe colorate, e quei planisferi. O meglio, ripiegateli e conservateli in un cassetto, a imperitura memoria di un mondo che fu, e che non esiste più. Si tratta di pensare al globo in termini di connessioni, linee di trasporto, infrastrutture energetiche, di comunicazione tra tutti gli abitanti e le risorse del pianeta.
Il brillantissimo stratega geopolitico Parag Khanna ci ha lasciato un testo che, secondo “Wired” è “forse il libro più globale mai scritto”; ma il pregio maggiore ci sembra un altro, e incredibile. Lo leggi dicendoti che no, tu non sei un economista, un esperto di geopolitica, di questi temi così importanti e strategici; eppure pagina dopo pagina ti accorgi che invece si parla di ponti e di strade, di megalopoli e di nativi digitali, di migrazioni e di decentramento. Ovvero, di quello di cui parla la gente, soltanto che il singaporense lo sa fare con una chiarezza, una sistematicità e una credibilità davvero insolite. “La vera mappa del mondo non dovrebbe rappresentare soltanto gli Stati, ma anche le metropoli, le autostrade, le ferrovie… i cablaggi per Internet e gli altri simboli della nostra nascente civiltà di network globali”. Ecco quel che conta, quel che si dovrebbe cogliere planando a volo d’uccello tra i continenti, eccoli i “tentacoli cinesi” e le megalopoli come Città del Messico, Chongquing o Manila, le megaregioni come il Grande Mediterraneo, e poi le reti delle diaspore, i flussi di risorse, beni, capitali, che hanno sempre la meglio sugli attriti (le guerre, le epidemie, le depressioni). E, ancora, le infrastrutture che “superano gli ostacoli della geografia naturale e di quella politica”, come il ponte autostradale e ferroviario di Oresund che ha connesso le economie di Copenaghen e Malmo arrivando a creare un’unica entità, oppure come il ponte a Y, con tanto di tunnel sottomarino che collega Honk Kong, Macao e Zhuhai, creando un vero e proprio arcipelago urbano. È il momento, dice ancora Khanna, di piegare la connettività quasi totale che ci lega a un progetto di sviluppo umano su vasta scala; di cogliere con ottimismo una nuova prospettiva che si sta facendo largo, nonostante tutto: quella di un mondo davvero senza confini. Una speranza, insomma, per un nuovo Rinascimento. Perché ricordiamo insieme a Khanna che “|le civiltà tendono piuttosto a connettersi che non a scontrarsi”.
Parag Khanna, Connectography. Le mappe del futuro ordine mondiale, Fazi, Roma, 2016, pp.614, 26 euro