Troppo veloce, troppo surriscaldato, troppo popolato. Insomma, “troppo”. Il mondo va a una velocità eccessiva, con diseguaglianze e povertà che non soltanto non sono sparite, ma addirittura rischiano di aumentare. Il grido d’allarme, stavolta arriva dalla Norvegia, e a lanciarlo è l’antropologo Thomas Hylland Eriksen: il suo “Fuori controllo” è un libro-saggio-avvertimento, da leggere attentamente e con la stessa cura con la quale è stato scritto. Il nostro mondo è sovraccarico di merci, di rifiuti, di informazioni, di persone, di megalopoli, il nostro stile di vita è oramai insostenibile, il consumo energetico mondiale è raddoppiato in pochi decenni. Non si tratta di demonizzare la modernità, che ha prodotto anche crescita e prosperità, ma le sue potenzialità autodistruttive. Forse la riflessione più importante dello studioso dell’Università di Oslo è che ciò che rappresenta un bene per il mondo non è necessariamente un bene per il mio piccolo villaggio, città o comunità. “Conflitti di scala”, si chiamano, e avvengono quando gli interessi di largo respiro hanno la meglio su quelli locali, quando il forte prevarica sul debole, quando… per cercare soluzioni ai problemi ambientali del mondo, ad esempio… io perdo il mio lavoro, le mie sicurezze, i miei riferimenti identitari. Ecco perché molti rifiutano quel Moloch chiamato modernità, o globalizzazione – due cose diverse, ma in questo caso sinonimi – e diventano, richiudendosi in se stessi, fondamentalisti. Sì, anche religiosi. Scritto con un linguaggio non tecnico, “eclettico nelle teorie e universalistico nel ricorso alle fonti”, come dice lo stesso autore, “Fuori controllo” appassiona e fa meditare a fondo. Pensiamoci: siamo come su un tapis roulant, costretti a correre e a correre, altrimenti cadiamo per terra. Forse è davvero il momento di gridare: “fermate il mondo, voglio scendere!”
Thomas Hylland Eriksen, Fuori controllo. Un’antropologia del cambiamento accelerato, Einaudi, Torino, 2017, pp. 216, 20 euro.