Food :: 25 mar 2020

Cucina e dintorni ai tempi del Coronavirus

5 domande smart al giornalista Marco Ferri

Fu tra le prime persone che conobbi quando mi trasferii a Firenze ormai 7 anni fa. Ebbi subito chiaro che Marco Ferri (1 - Al centro con il Sindaco di Firenze Dario Nardella), classe '58, non era un giornalista come tanti, piuttosto un comunicatore stile "vecchia scuola", per vocazione, di quelli che il rispetto per la notizia c'è l'hanno nel sangue. Così come l'intolleranza verso un certo ossequio o servilismo. Grande esperto di cultura e spettacolo (2), ha scritto per il Giornale della Toscana e ha collaborato con varie testate, tra cui National Geographic. Tanti i libri e i saggi scientifici di argomenti vari che portano la sua firma; in particolare sulla Dinastia Medici, per la quale nel 2008 ha fondato "Medicea. Rivista interdisciplinare di studi medicei". Tra le sue ultime pubblicazioni "Bianca Cappello. Il mistero del luogo di sepoltura della Granduchessa e Firenze" (2017); La cioccolata (2017); "Storie e leggende del Ponte Vecchio" (2018); "Firenze in festa" (2019).

Narratore ma anche gourmand sopraffino. I suoi risotti lasciano il segno...

Lo abbiamo raggiunto in skype nella casa dove vive alle porte di Firenze. Gradevoli e spassose le risposte che ci ha dato, da leggere in un lampo.

 

 

1. Quale l’ambiente di casa che stai vivendo di più in questo particolare momento di “reclusione” protettiva? 

In queste settimane di permanenza in casa - “agli arresti domiciliari” verrebbe da dire - sto vivendo per intero lo spazio domestico, più che in passato. Ovviamente quello che io chiamo “lo studio”, una stanza dove ci sono i due computer - mio e di mia moglie che è insegnante e ogni mattina a orari precisi, come fosse a scuola, si collega coi suoi studenti e li incita a non mollare - e dove ho già finito un libro. Non di leggere, ma di scrivere. Un nuovo libro sulla Dinastia Medici che, spero, vedrà la luce nel prossimo autunno. Poi la cucina, dove spesso preparo da mangiare, e infine la sala da pranzo, dove ci riuniamo per i pasti, e dove si guarda la TV. Possibilmente cercando anche di evadere da i troppi, debordanti spazi ansiogeni di cui sono ormai infarciti i palinsesti. 

 

2. Cosa c’è nel tuo frigorifero ora e cosa ti manca in particolare? 

Nel frigo c’è più roba del normale. Ho fatto la spesa per almeno una decina di giorni. Mentre cercavo di sistemare in maniera entropica le derrate nel frigo, mi è tornato in mente un film degli anni 80, “Wargames”, in cui a causa di un semplice gioco (di guerra) al computer, il livello di allerta dei militari era salito da “defcon 2” a “defcon 4”. Ecco, una volta sistemato il frigo, ho dovuto portare il grado di raffreddamento dal livello 2 al livello 4, a causa del carico. Non mi era mai accaduto. Cosa c’è nel mio frigo? Tante verdure (la carne l’ho congelata), fragole emiliane e birre. Cosa manca? Il pesce: non lo mangio. Crostacei e molluschi sì, pesci di lisca no. Non sopporto neanche l’odore del tonno. 

 

3. Il tuo piatto confortante, la tua coccola in tempo di crisi? 

Ti faccio un menù completo: aperitivo con soppressata toscana e birra rossa belga. Primo: penne al ragù di mia moglie. Secondo: il mangiare del contadino, ovvero uova sode e cicerbite con un filo d’olio extravergine di oliva di Sommaia; dolce: ciambellone home made, meglio se con pinoli della Versilia. E poi durante il giorno, a ogni ora, cioccolata fondente (3). La amo a tal punto che sull’argomento ho scritto anche un libro: Firenze e la cioccolata. È il genere di conforto per eccellenza, ma anche il theobroma, cioè il cibo degli dei. Non ne potrei fare a meno e ne ho una scorta ampia di tavolette che arrivano praticamente da tutti i luoghi del pianeta in cui si produce. Questa è cultura.

 

4. C’è qualche cibo “fondamentale” che ti diletti a preparare avendo tempo a disposizione (pasta, pane, biscotti etc…)? 

Risotti. Praticamente di ogni tipo: a me basta una verdura, una salsiccia, un bicchiere di vino bianco e una cipolla (meglio tre piccole fresche), e in mezz’ora ci togliamo lo sfizio. E di recente ho realizzato anche la “farinata di cavolo nero”. Un’antica ricetta tipica della cucina povera toscana. Uno spettacolo. Il cavolo nero (4) andrebbe valorizzato di più: dà più senso alle cose lui di un assessore al traffico. 

 

5. Il primo posto dove andrai a mangiare/bere quando l’emergenza sarà finita?

Ho voglia di una bistecca alla fiorentina cotta alla brace (io non ho il camino in casa). Come si deve, cioè preferisco prepararmela da solo in campeggio, sul barbecue che è un po’ il mio regno estivo. Ma appena possibile scapperò al mare per festeggiare la ritrovata libertà con ostriche della Normandia (5) e un tagliolino all’astice che regala emozioni ai cinque sensi. Quindi il “dove” poco importa: è il “cosa” quel che conta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                

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