Natura e cultura non sono due sfere separate, due mondi che non si parlano: lo dicono gli studiosi di Scienze Sociali e lo dicono anche i contadini che da sempre hanno saputo coniugare i doni della terra alle loro visioni, concezioni, sensazioni. Le cantine, ispirate da nuove tecnologie e da antichi saperi e tradizioni, possono essere l’emblema di questa unione. È il vecchio legno, l’antica pietra, il più giovane vetro e ancor più innovative concezioni a contrassegnare il paesaggio di tante nostre terre.
L’architettura, che deve rispondere a esigenze estetiche e di funzionalità, è soprattutto veicolazione di valori e di idee. Ecco perché la nuova generazione di architetti “al servizio dell’enologia” quella, per intenderci, che incastona gioielli inaspettati e sorprendenti nelle nostre colline, “fa”, più che mai, cultura. Perché, queste nuove cantine, lungi dallo stravolgere e impoverire il paesaggio, al contrario lo sanno celebrare, valorizzare, dando luogo a un’opportunità di riqualificazione estetico-funzionale. E non solo: un progetto come quello della città del vino di Sommacampagna nel veronese, opera di Massimiliano Fuksas, favorisce i risparmi energetici. In altre situazioni si è puntato su un migliore sfruttamento dello spazio: la Cantina Antinori di San Casciano Val di Pesa (1-2) prevede una cantina sotterranea, la biblioteca, il museo e lo spazio per la vendita dei prodotti. In altri casi si è deciso di valorizzare la corrispondenza marchio-struttura, oppure sui colori della natura: la distilleria Nardini ha la forma di un gigantesco alambicco, mentre in Piemonte il legno e la pietra ripercorrono e ricordano tanto l’opera della natura che la creazione dell’uomo. È sempre e comunque l’armonia a dover trionfare: un progresso e un futuro senza rispetto non porterebbero lontano.