Focus On :: 16 set 2016

Tommaso Spadolini

l'archi... ship

Tommaso Spadolini (1), per gli addetti alla nautica, un nome che non richiede presentazione alcuna, penna tra le più autorevoli a livello mondiale nel design navale, alfiere del buon gusto italiano, del quale è difficile, se non impossibile ricordare i numerosi riconoscimenti nella progettazione nautica.

Lo incontro sulle colline fiorentine ove da sempre la sua famiglia disegna barche e non solo. Mi svela i segreti del mestiere e le curiosità della convivialità in barca da oriente a occidente. E mi convince che la nautica non s’improvvisa. Ma si vive e si respira prima di progettarla e costruirla.

1 - Spadolini e Firenze, Spadolini e la nautica. Binomi che vengono da lontano con immediata liaison ad una esperienza e tradizione capace di rinnovarsi nel presente ed anzi antesignana del futuro. Può indicarci quali siano state le sue principali fonti ispiratrici e le tappe più amate della sua eccellente carriera?

Da sempre mi nutro di architettura navale. Vengo infatti da una famiglia dove papà, mamma, nonni erano tutti grandi appassionati di mare e disegnavano a mano le barche, facendo dei bozzetti veri. Non è stato difficile ereditare questo amore incondizionato. In un certo senso, forse, l’avevo già nel DNA…

Ricordo, le trasferte con mio padre in cantiere, a guardarlo per tempi lunghissimo disegnare su carta. Un pioniere della nautica italiana dagli anni ’50 in poi, un grande maestro per me e per molti dopo di lui. Allora si chiamava progettazione navale, ora design nautico.

Comunque, alla laurea in architettura ci sono giunto per una promessa a una mia cugina alla quale ero legatissimo: mi sarei laureato, infatti, solo se lei fosse guarita da una brutta malattia che la logorava da tempo. E che purtroppo ebbe la meglio su di lei. Ma io mantenni la parola data.

Sono passati 36 anni da allora. Un tempo infinito di dedizione, passione, cultura, nella costruzione e organizzazione di spazi molto diversi da quelli a cui siamo abituati normalmente nell’edilizia. Il navale, infatti, è un’altra storia.

Detto questo, nella mia lunga carriera, ho progettato anche abitazioni: ho creato, infatti, le case per molti dei miei clienti del navale. Vuoi per fiducia, vuoi per l’acquisita conoscenza di gusti, usi o “pallini” dell’armatore e famiglia, ho realizzato bellissimi uffici a Montecarlo, lottizzazioni in Francia e molto altro.

2 – La nautica, settore primario in Italia e dell’Italia nel mondo, purtroppo oggetto di una recente feroce crisi. Cosa ci può dire in merito?

E' vero. La crisi è stata tutt’altro che banale. E a livello mondiale. In Italia, purtroppo, ha contribuito, l’autogol della legge Monti sulla nautica. Un vero bagno di sangue, dove una buona parte di cantieri e imbarcazioni, soprattutto di livello medio, sono stati letteralmente messi in ginocchio. Un indotto importantissimo che non tornerà più. Per fortuna, la cantieristica italiana è sempre stata riconosciuta ovunque come la più pregiata. Il che ha aiutato la ripresa, se pur lenta. La professionalità resta e ancor più non s’improvvisa.

3 – Il Salone del Mobile appena concluso a Milano ha evidenziato in molte cucine top di gamma la presenza di esperienze mutuate dal mondo nautico, specie nello sfruttamento degli spazi nel creare mobili a scomparsa, magari celando ad hoc gli spazi "operativi". Riscontra questa tendenza?

Non sono d’accordo. Si vuole trapiantare questo know how di matrice nautica nel campo dell’interior domestico senza conoscerne a fondo presupposti, tecnologie, problematiche e applicazioni.

Insomma, finché non saranno gli architetti nautici a proporre e rivisitare originalmente le cucine per ambienti ridotti o angusti, avremo solo uno scimmiottare approssimativo.

Alcuni esempi? In una barca di 64 piedi (circa 20 metri) mi si richiedono un frigo da 220 litri, una lavapiatti di grandi dimensioni, un trita rifiuti, l’aria condizionata, la cappa aspirante, doppio lavandino, forno da 90, porta pentole, porta bottiglie, cassetti e storage. Tutto questo in 2.60 mt, con un passaggio nel mezzo da 75 cm e un bancone di 30 cm, per un altro metro e mezzo. Inoltre, per poter usufruire l’aria condizionata e rimuovere l’odore di fritto, necessita un tubo di scarico da collocare in uno spazio molto limitato. A casa è facile. In barca è spesso una sfida, bisogna essere specializzati nel navale per progettare una cucina da hoc di questo tipo.

Oppure mi viene in mente lo Yacht 2 Ladies (2), un 46 metri di recente costruzione a Viareggio, dal cantiere RossiNavi, premiato con Design Awards per il suo interno e la particolarità della cucina. Gli armatori desideravano che l'ambiente cucina fosse posizionato a centro barca e ciò ha implicato l'assenza di finestre. Ho dovuto quindi escogitare soluzioni innovative per l'areazione e l'aspirazione (3). Tutti i condotti dell'aria, infatti, sono posizionati in alto sull'albero - oltre l'ultimo ponte - in modo da garantire una completa assenza di odori provenienti dalla preparazione dei piatti.

4 – Nella sua carriera che la porta continuamente ad incontrare armatori dei più svariati Paesi, ha notato particolari esigenze o differenze nel loro rapporto tra tradizione – cucina - arredamento e nautica?

Penso alla sempre più presente e ricca Cina, ma non solo. A differenza degli americani che amano molto la cucina e anzi, la esigono open, i cinesi, invece, la considerano poco o nulla.

Amano, piuttosto, stare a tavola, possibilmente con tavoli tondi, centrali che ruotano. Navigano pochissimo. Addirittura, a Shangai non escono nemmeno dai porti. La barca è soprattutto un momento di svago o relax, ma in banchina. Ricordo il primo 32 metri che feci alla fine degli anni ‘80 per un cliente di Hon Kong: non gli interessava nemmeno dormire in barca, per lui solo luogo di divertimento e convivialità con gli amici. E la sera, a casa. Naturalmente ci sono sempre le eccezioni: ho progettato su un 22 metri una grande cucina a vista per un cliente di Singapore che amava preparare prelibatezze per sé e per gli altri. Inscenando dei veri show coking on the boat.

Parlando di living, invece, per loro, tutto deve essere impeccabile e altissimo di gamma: poltrone Minotti o Cassina, per fare solo alcuni nomi. Il Made in Italy è sempre il più gettonato.

5 – Certo in questo caleidoscopio non le saranno mancate richieste assurde, divertenti o curiose, ce ne ricorda una legata allo spazio "living" nautico?

Premesso che in ogni progetto c’è sempre una richiesta che esce dal canonico: in barca ogni sogno è permesso. E devi realizzarlo.

Salendo di dimensioni, ad esempio, c’è chi desidera attrezzature particolari che garantiscano durata e qualità del vino per tempi più lunghi, eliminando, tra laltro, l'aria. Oppure, chi mi ha chiesto di stoccare ben 440 bicchieri in barca...

Ancora… un altro cliente di Singapore mi ha presentato 6 mogli, delle quali ognuna desiderava il proprio set di serviti, biancheria, tende, moquettes, tessili ecc. L’equipaggio aveva a disposizione 6 container da cambiare prontamente secondo la moglie che sarebbe salpata in navigazione.

Ma c’è di più… un cliente asiatico ha voluto un simulatore di formula uno. Un giocattolo di 2.20 mt x 140 da posizionare, ovviamente, prima di terminare la barca: 30 metri, ridotti a sole 3 cabine, oltre simulatore e sala cinema…

6 - Cosa cambierebbe nella nautica d'oggi?

Il cattivo gusto che regna sovrano nelle linee esterne di molte barche. Proprio per la mancanza di una vera cultura navale. Barche che non sono marine e non pensate per navigare. Così con grandi finestrature alla linea di galleggiamento, panoramiche, certo ma se si dovessero rompere (cosa non impossibile vista la quantità di veri rifiuti abbandonati in mare: bombole di gas, e quant’altro scaricato dai fiume e non) sarebbe letale.

Ancora… i mobili con spigoli vivi. Un pericolo costante in navigazione: la barca si muove e uno spigolo a punta può anche uccidere, in ogni caso ferire.

Insomma, non c’è cultura progettuale: se negli anni ‘80, eravamo nemmeno una trentina, oggi siamo in troppi, in un settore assolutamente per specialisti. E questo la dice lunga.

7 – Se dovesse rinascere? Rifarebbe l'architetto?

Certamente, ancora e sempre architetto navale. La mia passione per il mare non mi concederebbe altro (5).

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